"A Corte do Norte" (Nothern Land) di Joao Botelho (Concorso)
Botelho riesce a ottenere, avvalendosi per la prima volta del digitale, una densità luministica incantevole, aprendo varchi pittorici sublimi, densi di un onirismo abissale. Eppure, nonostante l’indiscutibile fascino estetico, il suo ultimo film rimane vittima di una dimensione letteraria, e più in generale accademica, che coltiva una distanza sempre più incolmabile tra lo spettatore e lo schermo
Eppure, nonostante l’indiscutibile fascino estetico, il suo ultimo film rimane vittima di una dimensione letteraria, e più in generale accademica, che coltiva una distanza sempre più incolmabile tra lo spettatore e lo schermo. Così che A Corte do Norte ha il tipico fascino di quei reperti del passato esposti in vetrina, contemplabili ma mai efficacemente comunicativi. Forse il vero fascino nascosto del film diretto dal cineasta portoghese sta nella frattura interna tra la leggerezza pastosa, abbagliante e miracolosa delle sue immagini e la macchinosità fredda e cerebrale del racconto, due esiti contrapposti dentro il medesimo organismo. Ed è il peso del pensiero e della costruzione che, alla fine, ci sembra trionfi stancamente a scapito della visione. Purtroppo.