A Girl Walks Home Alone at Night, di Ana Lily Amirpour

A nobilitare il film non è infatti il fin troppo ostentato citazionismo spinto o il pastiche di generi, ma piuttosto il rovesciamento di genere

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Sporgersi verso il vuoto, scivolare un poco prima di ritrovare l’equilibrio. A girl walks home alone at night, primo lungometraggio della losangelina Ana Lily Amirpour, è forse il tentativo di misurare la distanza tra foro e voragine.

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Gole trafitte da canini vampireschi, aghi alla ricerca dell’ennesima vena da bucare, far posto agli orecchini con una spilla da balia che infilza i lobi (perché il romanticismo lo si fa con il sangue non con le labbra): è un continuo trapasso di carne, ma su scala ridotta, millimetrica. Dall’altro lato del panorama, enormi trivelle petrolifere continuano ad affondare nel terreno morto, estraendo il nulla. Tra i due estremi, il vuoto perfetto non trova spazio in questo film, troppo impegnato a compiacersi della sua estetica patinata per rischiare davvero di scivolare nel vuoto, ma di esso se ne avverte sempre la presenza negli immensi neri che ingoiano la quasi totalità dello schermo. E l’immagine definitiva è la profondità assoluta del chador nero della ragazza vampiro, all’occorrenza monolite nero o mantello tentacolare che fende l’aria, velo sottile che racchiude però una quantità enorme di immagini e significati, e che diviene qui (s)oggetto di affermazione.

a girl walks home alone at night ana lily amirpourA nobilitare il film non è infatti il fin troppo ostentato citazionismo spinto o il pastiche di generi, ma piuttosto il rovesciamento di genere, dove è il femminile a farsi strada con i denti nella carne dell’oppressione. Tutto, in realtà, appare allo stesso tempo finto e vuoto: l’immaginaria Bad City sembra avere più corpi morti nell’asciutto letto di un fiume che non persone lungo le strade; si parla persiano, ma l’architettura è quanto mai contraddittoria (lo straniamento è voluto: il film è in realtà girato in California), ogni personaggio, o quasi, è piatto nella misura in cui si configura come copia/citazione di qualcun altro (dal protagonista-James Dean al pappone/spacciatore modellato di peso sulla figura di Watkin Tudor Jones, dei Die Antwoord).

Eppure, Amirpour riesce nel non difficile compito di far funzionare spunti così diversi in un discorso coerente che, seppur non sempre riuscito, ha in alcuni momenti le necessarie scosse il cui riverbero continua ad avvertirsi per il resto del film. In particolare, l’eternità necessaria a voltare il capo, petto contro schiena, mirare alla gola ma poi scivolare sul petto, posare l’orecchio sul cuore e sentirne i battiti cavernosi che affondano nel buio.

Titolo originale: id.

Regia: Ana Lily Amirpour

Interpreti: Sheila Vand, Arash Marandi, Marshall Manesh, Mozhan Marnò

Distribuzione: Academy Two

Durata: 97′

Origine: Usa 2014

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