A Hard Day's Night, di Richard Lester

a hard day's night
La Swinging London degli anni Sessanta più la musica dei Fab Four compongono una miscela ancora oggi esplosiva. Ma gran parte del merito di questo cult-movie del '64 risiede nell’originale miscela tra il finto documentarismo dell’operazione (raccontare una giornata tipo del gruppo pop più famoso del mondo) e la creazione di gag e sottotrame completamente inventate che spesso sembrano seguire più le dinamiche dell’improvvisazione che quelle della narrazione classica. In sala dal 6 al 9 giugno

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Proiezione NEXT MORNING al Tertio Millennio Film Festival - Una produzione Sentieri selvaggi

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Proiezione di RIDER 48 al Med Film Festival – Una produzione Sentieri selvaggi

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Realizzato nel 1964 e distribuito sul mercato cinematografico poco prima della pubblicazione dell’omonimo LP, A Hard Day’s Night (riproposto a cinquant’anni di distanza rimasterizzato in 4k e in versione originale) segna la prima e più riuscita collaborazione tra Richard Lester e il quartetto di Liverpool, che successivamente avrebbero realizzato Help!. Si apre con i Beatles che fuggono da una folla di giovani fan scalmanati. Tra una peripezia e l’altra i quattro riescono a raggiungere il treno che deve portarli a Londra per una registrazione televisiva. Tra loro c’è anche il loro manager e il nonno di Paul McCartney che presto diventa la mascotte del gruppo. Arrivati alla metropoli i Beatles dovranno fare i conti con l’arresto di Ringo, che rischierà di mandare a monte lo spettacolo.

La Swinging London degli anni Sessanta – che Lester avrebbe immortalato l’anno successivo con la Palma d’oro The Knack… and how to get it – più la musica dei Fab Four compongono una miscela ancora oggi esplosiva. Formidabili la fotografia di Gilbert Taylor (Kubrick, Polanski, Lucas) e la sceneggiatura di Alun Owen candidata all’Oscar. Gran parte del merito di questo film risiede nell’originale miscela tra il finto documentarismo dell’operazione (raccontare una giornata tipo del gruppo pop più famoso del mondo) e la creazione di gag e sottotrame completamente inventate che spesso sembrano seguire più le dinamiche dell’improvvisazione che quelle della narrazione classica. Ecco che la scanzonata ironia dell’operazione rivista oggi tradisce elementi surreali capaci di preannunciare certo cinema demenziale americano anni Ottanta. In A Hard Day’s Night il confine tra finzione e realtà si tramuta in un gioco di specchi giocoso e autoreferenziale per un’opera sorprendentemente consapevole, che celebra senza rinunciare a un pizzico di furbizia l’anticonformismo autoironico e giovanilista dei primi Beatles.

Anche se il film di Lester contribuì in modo determinante al definitivo successo planetario di Lennon & co., non deve essere equivocato come semplice prodotto su commissione. A Hard Day’s Night è cult ricco di trovate e di grande raffinatezza tecnica: il look del film in bianconero mescola l’iconografia del gruppo con le atmosfere del cinema d’autore europeo sessantesco, l’epilogo del concerto allo studio televisivo è un vero e proprio saggio registico che nei decenni successivi avrebbe fortemente influenzato lo stile di ripresa degli show musicali e la stessa realizzazione dei videoclip.

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