À la recherche, di Giulio Base
Con riferimento evidente al capolavoro di Proust, un ‘tango a due’ in un’unica location in cui sembra che ci sia troppa carne al fuoco ma resta comunque affascinante. Freestyle.

À la recherche, alla ricerca. Il riferimento letterario al capolavoro di Proust è evidente sin dal titolo ed infatti la storia si risolve proprio intorno a due personaggi che, in pieni anni ’70, tentano di scrivere una sceneggiatura da proporre a Luchino Visconti e che cerchi di riportare al cinema le pagine immortali dell’autore francese. Ovviamente questo processo porterà i due a scontrarsi e a rincontrarsi, fino alla risoluzione finale.
Un tango a due, in un’unica location (potremmo dire che il film di Base rispetta più o meno completamente le famose unità aristoteliche), una decadente villa romana, segno evidente di una nobile famiglia che ha perso il suo lustro, quella di Ariane. Lei stessa afferma che la nobiltà e la ricchezza non sempre vanno d’accordo. Bellissima, elegante e colta, l’attrice interpretata dalla Anne Parillaud del bessoniano Nikita è determinata e decisa, mossa da ragioni artistiche e personali a consegnare la sceneggiatura a Visconti. Pietro, il personaggio interpretato da Base stesso, è invece un autore dotato che ha scritto un romanzo fortunato in gioventù, ma si è poi dato alle sceneggiature di B-movie di taglio erotico per sopravvivere (ricorda in questo, anche se nel procedimento inverso, il Gil di Midnight in Paris). Cerca ora una svolta più letteraria nella sua carriera, ma soprattutto aspetta con ansia il pagamento dell’apparentemente ricca Ariane.
È un film di parole, quello di Base e della “ricerca” delle parole. Parole per ferire, parole per sedurre, parole per scrivere quella che sembra essere la sceneggiatura del secolo. Ci sono pochissime azioni in À la recherche e, in ogni caso, il tutto è vincolato dal potere della verbalità. I due protagonisti, così lontani e al contempo così vicini, si ritrovano spesso intrappolati all’interno delle loro stesse frasi e pensieri. La battaglia viene continuamente ribaltata, come in ogni film del genere che si rispetti. A tratti il dialogo è serrato e funziona, in altri momenti invece si ha l’impressione che ci sia troppa carne al fuoco e che si rischi di bruciarla (era forse questo l’intento?). Il film di Base non è un film per tutti, nel senso che viene più volte appesantito da discorsi retorici sulla politica, la storia e la letteratura italiana e internazionale, discorsi che possono risultare di poco appeal per un pubblico più generalista, mentre piacerà sicuramente ad un certo pubblico di intellettuali che vi troveranno pane per i loro denti.
Nel complesso, è difficile definire facilmente se À la recherche funzioni in tutte le sue parti, ma lodevole è l’adattamento storico, che permette un’immersione completa negli anni ’70 italiani pur non mostrando nessun esterno e lavorando invece per sottrazione, lasciando che siano le radio a raccontare il mondo fuori, o che sia lo spettatore a ricostruirlo attraverso i discorsi di Ariane e Pietro. L’affiatamento tra i due, senza dubbio chiave di volta del film, è evidente e godibile. Sicuramente si tratta di un prodotto che è interessante sotto molti aspetti, ma sembra incompleto in altri. Tanto di cappello comunque per il rischio preso nel lavorare con un soggetto così complesso.