Abbraccialo per me, di Vittorio Sindoni
Non vi è niente di incredibile o particolare a livello “cinematografico” nel film di Sindoni, che punta piuttosto ad essere un resoconto fedele a realtà ignorate.
Il film di Vittorio Sindoni è il ritratto di Francesco “Ciccio” Gioffredi, un ragazzo esuberante e pieno di vita, che nel passaggio dall’infanzia alla prima adolescenza comincia a rivelare gradualmente una serie di problematiche legate al suo disagio psichico. Di fronte ai primi sintomi, la comunità della cittadina siciliana dove vivono Ciccio e la sua famiglia diventa sempre più ostile, e all’interno della stessa famiglia si creano delle scissioni. Se il padre inizia a vedere il ragazzo come un nemico a causa del rapporto simbiotico madre-figlio creatosi e consolidatosi negli anni, per Caterina, sua moglie, Francesco è al contrario un ragazzo prezioso, le cui particolarità sono da valorizzare piuttosto che stigmatizzare.
Dall’inizio del film osserviamo dunque il peggioramento dello stato mentale del ragazzo, ed il conseguente inasprirsi dei rapporti familiari, oltre alla graduale presa di coscienza ed accettazione da parte di Caterina dell’impossibilità di aiutare suo figlio da sola. Francesco “Ciccio” sembra essere inizialmente solo un ragazzo con un proprio ritmo interiore, accelerato rispetto al contesto che lo circonda: il ritmo frenetico della batteria che suona a tutte le ore, il ritmo dei pensieri ossessivi attorno a tematiche religiose o filosofiche, l’intensità degli affetti che prova e le cui manifestazioni non riesce a contenere. Tali manifestazioni lo alienano sempre più dai compagni di scuola e dalla cittadina intera, ed in tal modo il film si snoda seguendo in maniera dettagliata lo scivolamento nella follia e nell’isolamento di Francesco e di sua madre, il cui rapporto esclusivo inasprisce invece di alleggerire le difficoltà del ragazzo.
Non vi è niente di incredibile o particolare a livello “cinematografico” nel film di Sindoni, che punta piuttosto ad essere un resoconto fedele a realtà ignorate. Tornano alla mente più celebri “pazzi” della cinematografia anche italiana, come il Saverio di Senza Pelle, ed il fil rouge che sembra emergere nei due ritratti, è quello di un’incredibile solitudine, uno stigma che aliena i personaggi da un reale avvicinamento verso un mondo ostile, che si fa schermo delle sofferenze altrui con la propria indifferenza. In tal senso le conclusioni dei due film mostrano delle rare isole felici nelle comunità di accoglienza, situazioni come quella del Teatro patologico, realtà tanto uniche quanto preziose.
Regia: Vittorio Sindoni
Interpreti: Stefania Rocca, Vincenzo Amato, Moise Curia, Giulia Bertini, Pino Caruso, Paolo Sassanelli, Luigi Diberti
Distribuzione: Zenit Distribuzione
Durata: 103′
Origine: Italia 2015