After Blue (Paradise Sale), di Bertrand Mandico

In Concorso al Festival di Locarno, il film si addentra in un pianeta sconosciuto diventato rifugio per gli umani in fuga dalla terra, distrutta ed ormai inabitabile.

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Lo sguardo di Mandico segue il parto delle sue fantasie, esplicita gli impulsi reconditi, analizza la sfera sessuale attraverso la costruzione di un orgasmo dilagante scolpito nell’aria, piovuto sul pianeta e diffuso come un virus. Fedele agli esordi ed agli exploit desideranti e contagiosi di Les garçons sauvages, il regista continua a viaggiare in altri universi, invasi da tentazioni maliziose, abitati prevalentemente, o nel caso di After Blue (Paradise Sale), film inserito nel Concorso internazionale di Locarno, esclusivamente da donne (quanto accade per certi anche in Dead Flash, sempre presente a Locarno nella sezione Corti d’autore). Un posto che rappresenta l’ennesimo tentativo di convertire in immagini un discorso per certi versi irrazionale, figlio di un’indagine agli albori della psichedelia e della sessualità, consegnato ad una forma visiva ricca di simboli esoterici, nascosti dietro una fiaba masturbatoria, perché solo una favola può racchiudere tale quantità di sogni, quei sogni che del cinema sono matrice inalienabile. Autore a tutto tondo, Mandico scrive il suo nome anche sulle scenografie, insolite, immersive, frutto proibito dai lineamenti mutanti per un’atmosfera magica piena di spore alienanti dai poteri misteriosi. Una malia replicata per osmosi, caricata di armonie elettroniche con il sound design di Pierre Desprats cruciale per sottolineare l’intensità emotiva del momento, una session distopica, disallineata, dalle infinite sfumature, lugubri, tristi, gioiose, note scritte sui passi dei colori vivaci e ingombranti dello schermo, dalla tonalità vintage con un update tecno.

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La trama è un aspetto abbastanza secondario. Roxy la protagonista, libera una donna/demone intrappolata nella sabbia, Kate Bush, che si trasforma in un pericolo, o viene avvertita come tale, per l’esistenza di After Blue, un posto raggiunto dagli umani dopo l’abbandono della terra, diventata inabitabile ed ormai svuotata di ogni linfa vitale da uomini insaziabili. Una colonia nata escludendo ogni tecnologia, disconnessa, ancestrale nostalgia di un paradiso perduto messo in vendita, come recita il sottotitolo, vergine ed immune, traboccante di tesori da cogliere. Tenuta sotto controllo eliminando il marcio alla radice, con il male trattato come un illusione da allontanare in modo repentino da una giustizia amministrata come una gogna. Eliminare Kate Bush sarà compito della madre di Roxy, parrucchiera e truccatrice, designata da un gruppo direttivo di streghe, con tanto di vestiti e cappelli a tema, che parte insieme alla figlia sulle tracce della ricercata. Il viaggio diventa l’occasione di incontrare nuovi personaggi e per venire faccia a faccia con le proprie paure, una proiezione esterna di movimenti interiori evocati dalla mente e dal corpo, fremente per una carezza, eccitato, esposto alle voglie di un universo materico, palpabile, purulento, bagnato da spore concupiscenti.

Il potere del cinema di Mandico nasce soprattutto da un discorso estetico, definito senza dubbio da importanti riferimenti autoriali, ma non limitato ad uno sterile ermetismo e disposto a replicare le possibilità di interpretazione anche accettando il rischio di girare su vacui cerchi concentrici, sopra un ambiguità tematica essenziale per assicurare una libertà espressiva senza limiti, cercando di avvolgere in un apoteosi frenetica i sensi sovraccarichi della modernità umana. E ridurre la complessità senza comprimerla, mascherandola con volti inediti e stordendola di capricci astratti.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.33 (3 voti)
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