Al 22° TOHorror Fantastic Film Fest vince l’intraprendenza. Ecco tutti i premi

Si conclude la 22esima edizione della manifestazione torinese. Ecco il nostro bilancio, i nomi dei vincitori e il racconto della cerimonia di chiusura

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“Anche quest’anno abbiamo fatto un passo in avanti”, esordisce il direttore artistico Massimiliano Supporta durante la cerimonia di chiusura del 22° TOHorror Fantastic Film Fest di Torino. “C’è stata una bellissima risposta e noi tutti siamo ovviamente contenti che le nostre scelte incontrino il gusto del pubblico in questo momento difficile”, ha proseguito. Oltre 300 testi fra racconti e sceneggiature ricevute per quest’edizione. Circa 700 le opere filmiche visionate in selezione. Numeri che fanno ben sperare nel futuro di una manifestazione che da sempre sta in piedi sulle proprie gambe, alimentato da pochi coraggiosi sponsor e tanta passione. Un’azione costante e intraprendente di ricerca, mirata alla generazione di un dialogo sulla realtà tramite il fantastico.

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Giunti al 2022 con non poche difficoltà, il gruppo si è quest’anno concentrato sulla costruzione di un discorso squisitamente politico sul rapporto fra media e potere. Ne è prova e risultato la geniale retrospettiva, solo lateralmente di genere, proposta con titoli come Punishment Park (1971) di Peter Watkins, autore statunitense rimosso dalla storia del cinema e profetico nell’annunciare con i suoi mockumentary in epoca di Guerra Fredda una distopia che stiamo vivendo proprio in questi giorni. Il film ha messo il fiocco all’evento affiancando la proiezione speciale di Cuore selvaggio (1990) di David Lynch, versione 35mm per concessione del Museo Nazionale del Cinema, testimoniando la doppia anima militante e cinefila di questo straordinario festival sull’orrore quotidiano.

Il premio Antonio Margheriti, assegnato dallo staff per l’inventiva artigianale, è andato allo svizzero Mad Heidi (2022) di Johannes Hartmann e Sandro Klopfstein, una follia audiovisiva nella migliore tradizione della parodia truculenta. Mentre la collaborazione con la Scuola Internazionale di Comics di Torino ha prodotto un riconoscimento al cortometraggio animato The Eden (2021) di Lucia Alessandri e i migliori effetti speciali risultato essere quelli dell’instant-cult Terrifier 2 (2022) di Damien Leone. Venendo alla letteratura, cui il TOHorror ogni anni pone maggiore attenzione, miglior racconto horror a Strappati al mondo come conigli di Diego Cocco e meglior sceneggiatura di genere a DebbyChannel di Sara Bruni, quest’ultima con una storia attuale e fortemente satirica.

Per quanto riguarda il concorso Animazioni, la giuria formata dall’illustratore Fausto Collarino, l’esperto Mauro Gariglio e la distributrice Maria Pia Santillo ha premiato il corto statunitense Colony (2022) di Pilar Garcia-Fernandezsesma. Invece la giuria Cortometraggi, composta dal distributore Flavio Armone, l’esperta Sofia Falchetto e la produttrice Elisa Giardini, ha riconosciuto la qualità dello statunitense The Coupon (2022) di Laura Seay. Infine, il regista Lorenzo Bianchini, la critica Ilaria Feole e la produttrice Giada Mazzoleni hanno stabilito che il miglior lungometraggio del 22° TOHorror Fantastic Film Fest fosse il canadese Skinamarink (2022) di Kyle Edward Ball.

Menzione speciale e Premio del Pubblico al norvegese Syk Pike (2022) di Kristoffer Borgli, “tragicommedia nerissima dove il protagonismo compulsivo, le nuove forme (comunicative) della mostruosità, il capitalismo delle immagini (individuali) si lasciano contaminare da un gusto grottesco alla Palahniuk (Invisible Monsters) e dal body horror”, come recita la sinossi. Chi scrive lo ha apprezzato a pari merito con un altro titolo, lo statunitense A Wonded Fawn (2022) di Trevis Stevens, per la creatività e l’intelligenza con cui sfruttano schemi narrativi convenzionali alla ricerca di nuove modalità di rappresentazione della nostra realtà sociale, morale e psicologica.

Sempre a proposito della sezione Lungometraggi, notevoli sopratutto sul piano visivo gli esordi al femminile Raquel 1:1 (2022) della brasiliana Mariana Bastos e il britannico Mandrake (2022) di Lynne Davison. Questo secondo, pur nei limiti di una sceneggiatura un po’ farraginosa, accetta il difficile compito di riprendere miti irlandesi allo scopo di formulare un discorso sui dolori della maternità negata. Al primo va riconosciuta invece la capacità di riflettere sulla volontà iconoclasta delle nuove generazioni senza cadere nella trappola della partigianeria ma, anzi, identificando la complessità di un mondo in cui ciclicamente e inesorabilmente un dogma ne sostituisce un altro.

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