Alam, di Firas Khoury

Una profonda storia di dissonanza culturale, dove la maturazione giovanile passa attraverso l’acquisizione di una forte identità etnica. Con un po’ più di coraggio avrebbe potuto brillare. Concorso

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Il primo passo verso la rivoluzione è issare la bandiera. Il più grande atto di liberazione consiste nel distruggerla”. Il rapporto ambiguo che i giovani personaggi di Alam intrattengono con la loro identità palestinese riflette un problema più grande, forse poco raccontato dai trattati o dalle analisi sulle relazioni arabo-israeliane, ma non meno rilevante per un’osservazione antropologica dei fenomeni in questione. Per i ragazzi palestinesi nati e vissuti in terra ebraica, ogni giorno trascorso lontano dalle proprie radici accresce il senso di confusione, da cui deriva un futuro altrettanto ambiguo e problematico. In cui trovare un posto nel mondo, significherebbe negare quelle stesse origini autoctone che formano la memoria storica della popolazione in cui si identificano.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

In questa realtà culturalmente estranea dove tutto grida alla sostituzione etnico-memoriale, Tarem (Mahmood Bakri) e il suo gruppo di amici liceali trascorrono le giornate all’insegna della dissonanza. Tanto in classe, che in società, la difficoltà a riconoscersi negli spazi in cui vivono non fa che aumentare il loro senso di non-appartenenza all’ambiente che li circonda, vissuto al tempo stesso come un rifugio e una gabbia. L’unico modo che hanno per risalire alle origini del loro dissidio, e affrontare il conflitto che li sta rendendo così insofferenti, è attaccare i residui culturali dell’ambiente circostante, cambiandone (almeno idealmente) le coordinate. In prossimità della nakba (il ricordo dell’esodo del ’48), decidono allora di sostituire la bandiera israeliana sul tetto della scuola con quella palestinese, quasi a decostruire il simbolo stesso da cui nasce e si origina ogni orizzonte conflittuale. Tanto dei protagonisti, quanto degli scenari in cui Alam posiziona le sue strategie iconoclastiche.

Tutto deve passare allora attraverso la distruzione/demolizione dei simbolismi e delle loro cariche emotive. E in tal senso, non sorprende la decisione di Khoury (qui al suo debutto) di incentrare il racconto non sullo scontro, ma sull’incontro di immagini e icone che porta i protagonisti a metabolizzare, in assenza di violenza, la natura precaria e transitoria delle loro giovani vite. La sostituzione del vessillo nazionale (Alam, in lingua araba) diventa così un puro macguffin, un espediente attraverso cui associare i percorsi di maturazione all’acquisizione di una forte identità etnica. Al punto che, come elettroni impazziti, li vediamo aggrapparsi con rabbia a quel simbolo, desiderarne ardentemente l’appartenenza. Per poi strapparlo dalle mani di coloro che non ne comprendono la reale essenza. E forse, in questa direzione, ai ragazzi, come ad Alam, manca un po’ di coraggio per poter affermare con radicalità le proprie intenzioni. Anche se, alla fine dei conti, poco importa. La strada per svestire i panni dei “palestinesi di Israele” è appena iniziata.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
Sending
Il voto dei lettori
4 (1 voto)
--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array