Alamar di Pedro González-Rubio. Sogno di un padre e di un figlio

Il viaggio ancestrale di un padre e di un figlio verso il mare aperto, nei pressi di una delle barriere coralline più grandi del mondo, Banco Chinchorro

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Una scena da Alamar, di Pedro González-RubioAlamar: un viaggio ancestrale verso il mare aperto, nei pressi di una delle barriere coralline più grandi del mondo, Banco Chinchorro, compiuto da Jorge, giovane pescatore di origini Maya, e suo figlio di 5 anni Natan, prima dell’inevitabile separazione. I protagonisti sono realmente padre e figlio, ma nella realtà, lui fa la guida turistica sulla costa caraibica, dove le magrovie vengono spazzate via da discoteche e alberghi, e il bambino è il dolce ricordo del divorzio da una donna italiana. Matraca, che li accompagna in acqua, è il nonno nella finzione, un anziano pescatore che vive in una palafitta nella realtà.

L’intimità tra padre e figlio, che si crea a poco a poco tra occupazioni semplici, è stata catturata senza nè script nè dialoghi, solo un trattamento, da una troupe di sole due persone: il giovane regista messicano Pedro González-Rubio, al primo lungometraggio dopo vari documentari, e il tecnico del suono Manuel Carranza.

Poster - Alamar, di Pedro González-RubioIl film, finanziato dalla Mantarraya di Jaime Romandía (che produce Carlos Reygadas e Amat Escalante) e uscito nelle sale francesi il 1° dicembre, ha vinto il Golden Shika Award al Festival di Nara, creato da Naomi Kawase, il premio come miglior film al BAFICI, Buenos Aires Festival Internacional de Cine Independiente, il FIPRESCI al Toulouse Latin America Film Festival, il Gran Premio della Giuria al Miami Film Festival e il Tiger Award al Rotterdam International Film Festival, dove Pedro González-Rubio, segnalato anche come miglior regista emergente al Festival di San Francisco, torna quest’anno all’interno di CineMart in cerca di fondi  per il suo nuovo film Tree Shade.

Nella classifica dei migliori film del 2010 stilata da Reverse Shot, Alamar è al primo posto e le motivazione fornite lasciano spazio a interessanti riflessioni: se pure da prendere in considerazione “ci sono altri film più ambiziosi, più formalmente audaci o complessi, più incisivi, più bizzarri, magistrali rispetto a questo lieve, affascinante racconto di un legame tra padre e figlio sullo sfondo del paesaggio spettacolare della barriera corallina messicana di Chinchorro” la particolarità di Alamar è la capacità di rifarsi a qualcosa di più grande e nobile della sua “meravigliosa casualità, la sua innocente fusione di documentario e fiction, la risonanza ambientale e politica di questa cronaca di un ritorno verso la terra attraverso il mare“.

Il rigore ascetico, la raffinatezza di uno stile che ha caratterizzato molti dei grandi maestri degli ultimi due decenni (Hou Hsiao-Hsien, Abbas Kiarostami, Béla Tarr, Jia Zhang-ke) ha finito per mescolarsi a un modo di vera e propria resistenza cinematografica, la cui purezza e apertura verso il basso sono un affronto al film visto come business. (Non c’è da meravigliarsi che Apichatpong Weerasethakul, l’esemplare di questo istinto Rosselliniano, rifiuti per se stesso la definizione di ‘regista‘)”.

Una scena da Alamar, di Pedro González-RubioPedro González-Rubio è nato in Belgio nel ’76, e ha trascorso gran parte della sua vita finora in viaggio per il mondo. La scoperta della cultura maya tra Messico e Yucatan ha infulenzato in modo significativo il suo linguaggio cinematografico, così come l’esperienza di vita di suo nonno Servando González, misconosciuto cineasta di cinema tra il surrealista e il contemplativo, associato a nomi come Luis Buñuel, Béla Tarr, Victor Erice.

Pedro ha esordito nel 2005 con Toro Negro, codiretto con Carlos Armella, vincitore in diversi festival, tra cui San Sebastian, proseguendo nel con La Tierra Compartida, ha realizzato il making of per Babel di Iñárritu, ed è stato anche direttore della fotografia per Nacido Sin (2007) di Eva Norvind e Flores en el desierto (2009) di José Álvarez.

Tra le immagini che lo hanno ispirato, Pedro González-Rubio cita Waiting for Happiness di Abderrahmane Sissako, Lo scafandro e la farfalla di Julian Schnabel, Stellecht Licht di Carlos Reygadas e Il diamante bianco di Werner Herzog, ma anche l’esperienza umana e letteraria di Jack Kerouac e Il vecchio e il mare di Hemingway.

Alcune splendide immagini di Alamar nella nostra gallery.

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