Albatross, di Giulio Base

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Corso estivo di MONTAGGIO, dal 22 luglio

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Presentato come controverso, il film su Almerigo Grilz è un biopic maldestramente calato nella finzione cinematografica, figlio di un linguaggio televisivo fuori dal tempo.

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La sequenza d’apertura di Albatross, il quindicesimo lungometraggio da regista di Giulio Base, racconta e mostra un preciso scontro di strada che vede contrapposti ai giovani esponenti della militanza comunista, quelli della militanza fascista, nella Trieste grigia e violenta degli anni ’70. Si tratta di uno scontro preciso, poiché segna il primo vero incontro tra i leader dei due schieramenti: Vito Ferrari (Michele Favaro/Giancarlo Giannini) e Almerigo Grilz (Francesco Centorame).


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Spiegata la ragione della sua particolarità, è necessario sottolinearne il fattore straniante. Quello che il cineasta filma, con tanto di accompagnamento musicale, non è mai uno scontro di strada, bensì una danza goffa. Ferrari e Grilz, infatti — così come i compagni delle rispettive parti — non intendono affatto darsele ferocemente, scegliendo al contrario di abbracciarsi, rischiando perfino d’innamorarsi. Forse proprio dall’omoerotismo inesplorato (il lancio degli occhiali e non solo) deriva la fuga del primo, favorita dal secondo, che viene invece arrestato dalle forze dell’ordine, dimostrando una rabbia e un dolore ancora una volta apparenti e mai realmente tali. C’è una sensazione di spaesamento. È uno scontro o un ballo in maschera? Ci si potrebbe aspettare qui un decisivo cambio di passo che invece il film non ha: la rotta resta la medesima e la danza goffa è soltanto un assaggio.

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Nell’esplorazione controversa — o almeno questa era la (pre)visione del regista — circa il racconto della figura politica e, ancor prima, identitaria del giovane Almerigo Grilz, militante fascista divenuto in seguito giornalista e reporter di guerra, rivelatasi poi favolistica e leggera (come solo un certo linguaggio televisivo dei primi anni 2000 ha saputo essere), il film si cimenta in uno spaccato della storia d’Italia dai toni fiacchi e stranamente divertiti.

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Albatross, di Giulio Base

Con uno sguardo all’amore giovane, alla politica e all’evoluzione del giornalismo, Albatross vorrebbe dirci di escludere per un attimo le facili etichette, prendendo in considerazione tutto ciò che si cela nell’animo di ogni uomo e donna, abbracciandone la vitalità, il desiderio di libertà e l’identificazione di una missione irrinunciabile — seppur pericolosa. Come quella di Grilz, che, al contrario di Vito Ferrari, rinuncia alla donna della sua vita per raccontare i conflitti ignorati del mondo, restandone vittima.

Albatross presenta dunque un prima e un dopo. La distinzione è netta, schematica: prima, quando c’erano gli ideali; dopo, quando la necessità di etichettare tutto e tutti ha oscurato l’anima e il profondo di ciascun individuo, e così la sua sensibilità e l’impronta identitaria faticosamente sopravvissuta al tempo. Di Grilz resta certamente più di qualche traccia. Si batte per questo lo stesso Giulio Base, ritagliandosi il ruolo d’un giornalista strenuamente dedito al rifiuto dell’assegnazione triestina di una via o piazza ad Almerigo Grilz.

Al di là della dimensione farsesca da road movie che, di tanto in tanto, spezza l’evidente limitazione di scenari, è forse il monologo di Base a rompere gli equilibri più di tutto. Protagonista dell’inquadratura, mette all’angolo (si fa per dire) un visibilmente stanco Giancarlo Giannini. Torna la teatralità di À la recherche e, ancor prima, de Il banchiere anarchico. Manca però l’effetto — o era lo smalto? La sensazione è che Albatross, sia figlio di un linguaggio televisivo fuori dal tempo, la cui superficialità e mancanza d’intensità sono forti a tal punto da non riuscire nemmeno a fotografare il dolore della morte. Centorame ce la mette tutta, questo è certo. Ma Gli occhi del cuore, lo sappiamo bene, non ha mai fatto sconti a nessuno. Nemmeno a Stanis La Rochelle.

 

Regia: Giulio Base
Interpreti: Francesco Centorame, Michele Favaro, Linda Pani, Tommaso Santini, Luca Predonzani, Gianna Paola Scaffidi, Giancarlo Giannini, Giulio Base, Paolo Rozzi
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 90′
Origine: Italia, 2025

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
1
Sending
Il voto dei lettori
2.06 (18 voti)
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