"Alta infedeltà" di Claudio Insegno



alta infedeltà claudio e pino insegno
Pochade, Slapstick, commedia anni ’60: questi gli ideali punti di riferimento ai quali si ispirano i fratelli Insegno. In verità
Alta infedeltà è un film sgangherato che non riesce a distaccarsi dal suo medium teatrale di origine e affastella una serie di equivoci e ridondanze che alla lunga stancano. I numerosi volti televisivi, più o meno noti, non risollevano, anzi afflosciano, una storia che è il ritratto della mediocrità dell’Italia di oggi

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alta infedeltà claudio e pino insegnoIn pochi ricorderanno un film a episodi del 1964, diretto da Monicelli, Petri, Rossi e Salce che verteva su una delle pratiche più comuni dell’uomo: l’infedeltà. È proprio da tale opera, forse anche con velleità di omaggio, che i fratelli Insegno hanno tratto il titolo per portare sugli schermi la loro commedia teatrale, una pochade coniugale di equivoci e gag a ripetizione (e ripetitive). Tra il cinema e il teatro però ci sono delle sostanziali differenze che rendono tali operazioni spesso complicate. E se a questo si aggiunge il ricorrere a una serie di volti televisivi più o meno noti, va da sé che la commistione tra tutti questi media porti a una resa sgangherata e incolore. Alta infedeltà si rifà, sulla carta, alle commedie anni ’60 e al filone slapstick. È un cinema di eccessi, in cui se si esagera, l’equivoco si ripete fino a diventare ridondanza e in cui spesso i personaggi si trasformano in macchiette. Occorre perciò una grande abilità di scrittura per creare situazioni credibili e varie e per disegnare caratteri a tutto tondo. Una capacità che manca, almeno sul grande schermo, ai fratelli Insegno che ripropongono i soliti luoghi comuni e un campionario di umanità che rispecchia al meglio (o forse sarebbe più giusto dire al peggio) la mediocrità dell’Italia di oggi. C’è veramente poco da salvare in questo sgangherato film che si trascina stancamente verso il finale già dopo neanche una mezzoretta. Le interpretazioni sono ai limiti della sufficienza: se gli Insegno se la cavano con mestiere, lo stesso non si può dire per la Mattera e per il solito snervante personaggio di Biagio Izzo, ormai prigioniero di se stesso. La struttura teatrale comporta che le vicende si svolgano essenzialmente all’interno della casa del protagonista fedifrago, e questo non favorisce nemmeno una strutturazione consona degli equivoci, che sono troppi e troppo ricorrenti. Pur non scadendo quasi mai nella volgarità, il principale difetto del film sta poi nella non resa del suo intento principale: Alta infedeltà infatti non fa ridere, o meglio, probabilmente fa ridere solo chi lo mette in scena. Se a ciò aggiungiamo la solita voce fuori campo, qualche momento di pseudo morale e uno stile di regia marcatamente televisivo, è chiaro che il suddetto prodotto sia destinato quasi esclusivamente alla ristretta cerchia degli appassionati dei due comici. E a un pubblico, di stampo televisivo, che ormai detta le regole di un cinema italiano che alterna commedie a film d’autore, dimenticandosi che in passato erano altri i generi che rendevano grande l’Italia nel mondo.

Regia: Claudio Insegno
Interpreti: Pino Insegno, Claudio Insegno, Biagio Izzo, Mara Altinier, Justine Mattera, Sabrina Pellegrino, Marco Messeri, Maurizio Casagrande
Distribuzione: Mediaplex Italia
Durata: 100’
Origine: Italia, 2009

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