Amadeus, di Miloš Forman

Tratto dall’omonima opera teatrale di Peter Shaffer, è una sinfonia visiva ripropone efficacemente il duello tra il genio e la mediocrità. Otto premi Oscar. Da oggi in sala in versione restaurata.

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Se la musica è ispirazione divina, come può essere prodotta da un volgare peccatore?

Il conflitto tra arte e vita associato all’impotenza della fede religiosa nello spiegare il mistero del genio. Amadeus è una falsa biografia che si addentra dentro i sentimenti più nascosti dell’animo umano. Miloš Forman stravolge il dato storico e, in una forma romanzata, imbastisce la sua dialettica preferita: il mediocre compositore Salieri (F. Murray Abraham) fa di tutto per ostacolare la genialità di Mozart (Tom Hulce), ma il tempo è galantuomo e dispensa l’immortalità al talento e l’oblio al potere repressivo/normalizzatore dell’autorità.

La fonte letteraria è la rappresentazione teatrale (1978) di Peter Shaffer a sua volta ispirata dal dramma Mozart e Salieri (1830) di Alexander Puškin. Una falsa leggenda così ben raccontata da sembrare vera. Salieri assomiglia tantissimo a Wertheimer, Il soccombente di Thomas Bernhard, che di fronte alla grandezza di un talento artistico inarrivabile innesta un doppio gioco tra verità e menzogna che lo porta all’autodistruzione: la via d’uscita è la follia o il suicidio.

Miloš Forman fa dialogare le opere di Mozart (Il ratto dal serraglio, Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Il flauto magico, Requiem) con immagini danzanti, fedeli al sentimento della musica.  Contrappone la interpretazione ambigua e austera di F Murray Abraham con le scenate di un isterico Tom Hulce (ispiratosi al tennista John McEnroe). Indimenticabile è anche la figura dell’Imperatore Giuseppe II (Jeffrey Jones) che stenta a contenere le bizzarrie del monello anarchico Mozart.

Fotografato con la luce naturale, il film è una sinfonia visiva che utilizza il montaggio per assemblare diverse voci in un unico canto. Non racconta la vita di un genio ma si sofferma su diversi temi esistenziali e sulle contraddizioni della società settecentesca. Lo fa con una scenografia rigorosa che descrive minuziosamente i riti di corte, i formalismi dell’imperatore, le feste in maschera, le rappresentazioni teatrali.

Il director’s cut del 2002 si sofferma sulle difficoltà economiche di Mozart, sui suoi tentativi di dare lezioni private per pagare i debiti, sui suoi contrasti con le figure d’autorità. Ma questi venti minuti in più non aggiungono molto al senso dell’opera. Perché il tema principale è in realtà il rapporto con la figura paterna: Salieri vede nella morte del padre la possibilità di seguire il proprio talento artistico con la benedizione di Dio; Mozart rimuove la figura genitoriale dalla sua vita e si ribella ai limiti imposti dalla società del suo tempo. Ma entrambi soffrono il senso di colpa di questo rapporto conflittuale: Salieri è consapevole della grandezza di Mozart ma ostacola in tutti i modi il percorso del giovane talento; Mozart inizia la sua parabola discendente con la morte del padre, rappresentato come un oscuro fantasma nell’opera Don Giovanni. “Pentiti!” è il grido del genitore al proprio figlio ribelle. La figura nera dalla doppia maschera che compare alla porta simboleggia questa ambivalenza tra odio/amore, prigionia/libertà, mediocrità/talento, demonio/santità.  Il dio di Salieri parla attraverso un giovane volgare, sboccato, dalla risata folle, dedito alle donne e all’alcol. Ma il fuoco della grandezza artistica divora Mozart precocemente in un percorso direttamente proporzionale al suo deperimento fisico. Il diavolo della partitura musicale assorbe le residue energie vitali. Non è un caso che la parte più riuscita del film sia la composizione del Requiem che viene partorito dalla mente di Mozart proprio sul letto di morte. Le note commoventi e incalzanti sono costruite attraverso un montaggio alternato tra le immagini dell’esterno (una Vienna spettrale innevata, la carrozza trainata dalla corsa forsennata dei cavalli) e il movimento interno in casa di Mozart dove un imbarazzato Salieri cerca di trascrivere sul pentagramma un susseguirsi di note per lui incomprensibili.

Vincitore agli Oscar 1985 di ben otto premi (miglior film, miglior regia, migliore sceneggiatura non originale, miglior attore protagonista F Murray Abraham, migliore scenografia, migliori costumi, miglior trucco e acconciatura e migliore sonoro) Amadeus è un’opera che propone sotto la coltre della musica e della rappresentazione melodrammatica, il duello tra il genio e la mediocrità. Salieri sembra quasi autocompiacersi della propria piccolezza proclamandosi il re dei mediocri e assolvendo in un gesto folle e liberatorio tutta la inettitudine e grettezza di una umanità senza scopo. Il fallimento sta tutto in una inquadratura: il crocefisso gettato nel fuoco. Ma il vero nemico ti guarda ogni mattino dallo specchio.

Piccola curiosità: gli Afterhours omaggiano il film nella canzone “ È solo febbre”  con le parole “ Mediocri in salvo, di tutto il mondo, ovunque siate, ego vi assolvo”.

 

Vincitore di 8 Premi Oscar: film, regia (Miloš Forman), attore protagonista (F. Murray Abraham), sceneggiatura non originale (Peter Shaffer), scenografia (Patrizia von Brandenstein, Karel Černý),  costumi (Theodore Pistek), trucco e acconciatura (Paul LeBlanc, Dick Smith), sonoro (Mark Berger, Thomas Scott, Todd Boekelheide, Christopher Newman)

 

Vincitore di 4 Golden Globe: film, regia (Miloš Forman), attore in un film drammatico (F. Murray Abraham), sceneggiatura (Peter Shaffer)

 

Titolo originale: id.
Regia: Miloš Forman
Interpreti: F. Murray Abraham, Tom Hulce, Elizabeth Berridge, Simon Callow, Roy Dotrice, Christine Ebersole, Jeffrey Jones, Charles Kay, Barbara Bryne, Roderick Cook, Richard Frank, Nicholas Kepros, Jonathan Moore, Cynthia Nixon, Vincent Schiavelli, Douglas Seale, Philip Lenkowsky, Herman Meckler, Vladimír Svitáček
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 160′ – 180′ (director’s cut)
Origine: USA, 1984

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
Sending
Il voto dei lettori
4.17 (6 voti)

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