American Pastoral. Libro e film: cosa si è perso da Roth a McGregor

In attesa della nostra recensione una rapida analisi comparativa fra il romanzo di Philip Roth, Premio Pulitzer 1998, e l’adattamento di Ewan McGregor proiettato in pre-apertura della Festa di Roma

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Lo Svedese. Negli anni della guerra, quando ero ancora alle elementari, questo era un nome magico nel nostro quartiere… Si apre così American Pastoral, uno dei più grandi romanzi americani contemporanei, scritto da Philip Roth nel 1997 e vincitore del Pulitzer nel 1998. Quest’anno Ewan McGregor, per la prima volta dietro la macchina da presa, porta sul grande schermo il  complesso libro dello scrittore ebreo, sulla base dell’adattamento cinematografico di John Romano.

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philip-rothLa voce narrante è quella dell’alter-ego dello scrittore (già presente in altri romanzi) Nathan Zuckerman, presente nel film e interpretato da David Strathairn. Il protagonista del romanzo è Seymour Levov (nel film lo stesso Ewan McGregor) da tutti conosciuto come lo Svedese. Alto e biondo, lo Svedese incarna in tutto e per tutto l’American Dream: campione negli sport da giovane, eredita la gestione della Newark Maid, fabbrica di guanti che il padre ha tirato su dal nulla. Sposa la cattolica, ex Miss New Jersey, Dawn Dwyer (una bellissima Jennifer Connelly) da cui ha una figlia, la piccola Meredith Levov (interpretata da Dakota Fanning). Ligio al dovere e attratto dalle responsabilità lo Svedese va a vivere con la famiglia nella tranquilla Old Rimrock, luogo rurale poco distante da Newark, dove vive l’idillio della “vita semplice e  molto comune, e perciò bellissima, perfettamente americana”. Il romanzo di Roth affronta così la nascita del sogno americano fino al suo completo disfacimento: dai primi anni cinquanta al periodo della guerra del Vietnam e delle prime rivolte e rivoluzioni giovanili. In parole povere la fine dell’illusione di una perfezione americana. La tranquilla esistenza dei coniugi Levov viene distrutta da una bomba che esplode nell’ufficio postale dello spaccio di Old Rimrock, piazzata dalla ormai sedicenne Meredith. Merry, “la ragazza che ha mosso guerra a Lyndon Johnson, in casa sua facendo saltare in aria l’ufficio postale dello spaccio”.
Strutturato su più piani di narrazione il romanzo di Philip Roth è elegantemente costruito a strati. Nell’adattamento cinematografico, John Romano decide (abbastanza comprensibilmente) di seguire una linea narrativa chiara e uniforme. Romano stesso ha ammesso di aver affrontato una grande  sfida, cercando di essere fedele al linguaggio di Roth ma al contempo seguendo la direzione del racconto cinematografico. E come spesso accade, ha mirato alla semplificazione della struttura. Ciò che vediamo è Nathan Zuckerman, affermato romanziere e Jerry Levov, fratello dello Svedese, che si rincontrano a un ritrovo di ex alunni del liceo Weequahic di Newark, New Jersey. Qui Zuckerman apprende della morte dello Svedese: seguendo il racconto di Jerry, il film ripercorre in immagini l’ascesa e il declino dello Svedese. Sappiamo bene che il linguaggio letterario affronta più agilmente sentieri  tortuosi (mentali e temporali, ma non solo) ed è quello che Roth fa sapientemente. All’inizio del libro Zuckermann ricorda due incontri con lo Svedese, uno casuale a una partita di baseball negli anni 80 e uno negli anni 90, dove i due cenano insieme in un ristorante italiano. Quest’ultimo è importante perché lo Svedese, figura mitica dell’infanzia del narratore, gli appare come una persona comunissima, quasi banale. Solo al ritrovo di studenti, Zuckerman apprende da Jerry i tragici eventi della vita del defunto fratello. Ed è qui che il personaggio dello Svedese diventa interessante agli occhi del narratore, la cui mente diventa un tutt’uno con quella del protagonista. Lo Svedese diventa importante quando incarna la fine del sogno, e a causa della bomba, inizia a farsi delle domande: dove ha sbagliato? Cosa ha causato la distruzione dell’idillio? Come ha fatto la sua adorata Merry a diventare la “Terrorista di Rimrock”?

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Questo alternarsi di punti di vista e di menti che cambia anche con l’alternarsi delle epoche storiche descritte nel libro, è difficilissimo da restituire cinematograficamente. Romano infatti ha parlato di veri e propri cambiamenti strutturali, come quelli sopra descritti. Ma a noi qui preme sottolineare un cambiamento specifico, poiché ci sembra che con esso si perda qualcosa di fondamentale, come un’impressione di base che evapori via. Andando al cinema a vedere questo film non vedrete il celebre bacio sulla bocca che lo Svedese dà alla figlia undicenne, su sua richiesta insistente. Nel libro il ricordo di quel bacio accompagna come un’ossessione la mente dello Svedese. Può quel bacio, “durato cinque secondi, dieci al massimo..” aver avuto a che fare con la distorsione della psiche della figlia? Rottura di un idillio fra padre e figlia, il bacio rappresenta una sorta di peccato che si insinua nel rapporto fra i due. Occorre precisare che nel libro è chiarissimo che quel bacio non ha nulla di realmente intenzionale, non apre mai il campo a un reale pensiero di incesto. Ma il suo ruolo è importante in quanto motore del dubbio, dell’ossessione. Può essere stato l’origine di tutte le sofferenze? Nel momento del rapido bacio, la mente dello svedese pura e semplice, dotata di valori incrollabili in quanto eretti su stabili certezze viene rapita da una passione del momento. L’infantile bellezza della nuova generazione diviene provocatoria e la vecchia generazione crolla di fronte a essa, di fronte alla piccola Merry con la spallina del costume scivolata col braccio.

Nel film lo Svedese/Ewan McGregor dopo aver guardato la figlia le risponde con no categorico e un po’ turbato. La scelta di non mostrare il bacio è legata molto probabilmente non tanto alla censura quanto alla titubanza nel mostrare in un adattamento così “lineare” un adulto (lo stesso McGregor tra l’altro) dare un bacio a un undicenne.
Ma allora la domanda è: ha davvero importanza raccontare la scena del bacio senza bacio? Anche se c’era da aspettarselo, questa ci lascia un po’ perplessi. Eliminare quel bacio elimina l’ossessione bruciante della domanda (prettamente umana): dove ho sbagliato?. Il dubbio e il senso di colpa (con i quali crolla la certezza del sogno americano) muovono American Pastoral. Questo durante tutto l’arco narrativo del film, non emerge mai, forse anche per colpa di quel bacio non dato.

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