"Amore Carne", di Pippo Delbono
Amore Carne è un cinema dolorosamente necessario, in cui il regista mette in gioco tutto sé stesso con un coraggio e una lucidità che meritano il massimo rispetto possibile. Una danza bellissima e sofferta che si muove al ritmo della musica e delle parole, della voce e degli sguardi
Delbono racconta la scoperta della propria sieropositività, con la quale convive ormai da molti anni, con la ferma intenzione di non voler cambiare nulla del proprio passato; racconta il dolore per la perdita di un padre morto troppo presto, l’amore incondizionato per una madre che ha sempre raccontato le loro vite agli sconosciuti ("al postino, al macellaio") e che gli ha insegnato a sua volta la curiosità e l’apertura verso il mondo, verso l’altro. "Per sentirti meno solo, forse…”, perché raccontare significa intraprendere un viaggio doloroso e allucinante nelle strade e nelle città, ma soprattutto attraverso sé stessi. E Delbono racconta appunto sé stesso, riacquistando appieno il piacere e l’importanza della parola, dando voce ai versi di T.S. Eliot ("se veniste da queste parti… vi toccherebbe spogliarvi di quello per cui i morti non trovano parole da vivi") , e urlando e cantando i pensieri di Arthur Rimbaud , con un effetto a volte straniante eppure sempre, inevitabilmente, vivo, dal quale se ne esce con i brividi addosso e le ossa a pezzi. Perché la parola è di tutti, e il cellulare del regista si muove e cammina con lei, abbandonando (rifiutando?) in completa libertà qualsiasi tracciato possibile di sceneggiatura, sviando completamente dalla struttura che il film sembrava aver preso per poi riprendere i racconti dei suoi amici, dei suoi compagni di sventura, per catturare le vite degli altri: racconti che parlano di madri fuggite alle rappresaglie della Romania fascista, o anche più semplicemente di figli che prima di addormentarsi interrogano i padri sui segreti del Nulla prima del Big Bang.
Amore Carne è una danza bellissima e dolorosa al ritmo della musica e delle parole, della voce e degli occhi. Un cinema che sfugge a qualsiasi accusa di voyeurismo perché ci ricorda che se non ci mettiamo in gioco, se non ridiamo e soffriamo e parliamo, allora non esistiamo. Un cinema dolorosamente necessario, le cui immagini sono libere, dirette, vive, e sembrano correre in parallelo con quell’oblio che ci attende tutti, alla fine del cammino. Sembrano quasi sfuggirgli, scappare via; o almeno provarci. Ma è un tentativo che va sempre fatto, nonostante tutto, perché “finchè qui danzerai, la morte aspetterà".
Regia: Pippo Delbono
Interpreti: Irène Jacob, Marie-Agnès Gillot, Tilda Swinton, Sophie Calle, Pippo Delbono
Origine: Italia, Svizzera 2011
Distribuzione: Tucker film
Durata: 75'