Amsterdam, di David O. Russell

Il regista, a sette anni da Joy, trova la storia esplosiva ma poi la parcellizza, manipola, stravolge, domina e finisce non solo per spegnerla ma quasi per deturparla. Grand Public

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Il set di Amsterdam non è più il ring di The Fighter. Ma è sempre un campo di battaglia. I combattimenti non si vedono, ma rimbombano l’eco della Prima Guerra Mondiale e le avvisaglie della Seconda. Se ne vedono le tracce nei volti sfigurati e i corpi mutilati dei reduci, nelle presunte malattie mentali o nella folle esaltazione di cambiare la Storia sull’onda di quello che sta accadendo in Germania con Hitler e in Italia con Mussolini.

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Amsterdam comincia a New York nel 1933. Due amici, il medico Burt Berendsen e l’avvocato Harold Woodman, si stanno occupando della morte di un uomo. Dall’autopsia si scopre che la morte non è stata accidentale ma si tratta di omicidio. La figlia del defunto viene uccisa la sera stessa dopo essere stata spinta per strada e investita da una macchina. I due diventano così i principali sospettati, assieme a Valerie, un’infermiera che avevano conosciuto in Francia nel 1918 e che ha avuto un’intensa storia d’amore con Harold prima di sparire nel nulla. Quando i tre protagonisti si incontrano di nuovo, si ritrovano al centro di un intrigo che potrebbe cambiare la storia americana.

“Molte di queste cose sono successe davvero” sottolinea la didascalia all’inizio del film. David O. Russell, che ritorna a dirigere un film a sette anni di distanza da Joy, punta ancora a un film corale con grandi nomi, trova una storia esplosiva (con un potenziale simile a Bastardi senza gloria) ma poi la parcellizza, manipola, stravolge, domina e finisce non solo per spegnerla ma quasi di deturparla. Christian Bale, Margot Robbie e John David Washington ingaggiano quasi una sfida per mantenere vivi e appassionanti i loro personaggi assieme a un grande Robert De Niro. Resta infatti un mistero come Amsterdam – come del resto gran parte della filmografia del regista fatta eccezione proprio per The Fighter e Il lato positivo – continui ad essere un film respingente malgrado gli attori girino a mille. Certo, è un merito di Russell saperli dirigere. Non è invece un suo merito non riuscire a farli entrare nella storia, soffocarli in un décor che li imprigiona e nelle luci di Lubezki che sottolinea ‘elegantemente’ le atmosfere di un noir anni ’40, con l’insistita voce-off e i flashback nel flashback, come se Russell volesse fare una propria versione di Il grande sonno. Amsterdam somiglia invece a un musical mancato: nei movimenti impazziti, nelle canzoni, nelle scene del party dove però la frenesia non coincide mai con la gioia.

“Eri così bello. Ora sei brutto e deforme” dice la moglie a Burt. Forse è questo il paradosso di questo nuovo film e del cinema di Russell. Punta a un cinema sporco che però è schiavo della sua forma. Amsterdam è una lunga, infinita autopsia su un corpo-cinema che è già cadavere. Trova i suoi brevi respiri nel formato cinegiornale con i discorsi del generale ai reduci o nei titoli di coda, in quell’incrocio realtà/finzione. Intanto Christian Bale con l’occhio di vetro e una monumentale Margot Robbie, che si porta forse dietro le tracce Tiffany/Jennifer Lawrence in Il lato positivo, uno dei personaggi più belli e autentici del cinema di Russell, fanno di tutto per far uscire i loro personaggi dal copione, mentre al contrario Rami Malek e Anya Taylor-Joy stanno benissimo in questo museo chiuso da decenni. Burt e Valerie sono come spettri, due personaggi in cerca d’autore, due creazioni letterarie che vogliono trasformarsi in corpi in carne ed ossa, ma restano imprigionati in una scrittura e in uno stile invasivo che non solo gli impedisce di emergere (come meriterebbero) ma di esistere a malapena.

Titolo originale: id.
Regisa: David O. Russell
Interpreti: Christian Bale, Margot Robbie, John David Washington, Anya Taylor-Joy, Robert De Niro, Rami Malek, Michael Shannon, Chris Rock, Zoe Saldana, Timothy Olyphant, Andrea Riseborough, Mike Myers, Matthias Schoenaerts, Alessandro Nivola, Taylor Swift, Bonnie Hellman
Distribuzione: Walt Disney Company Italia
Durata: 134′
Origine: USA, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
1.5
Sending
Il voto dei lettori
3.34 (29 voti)
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