
L'eterogenea filmografia di Amy Adams, in sala con Di nuovo in gioco, ha alcuni denominatori comuni: la tenacia con cui affronta sempre nuove sfide, il desiderio di non essere intrappolata in una caratterizzazione precisa, una professionalità che le permette di essere credibile nei ruoli più disparati. Se solo imparasse a perdere il controllo di se stessa
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Come è possibile trovare un denominatore comune in una filmografia eterogenea come quella di Amy Adams? Ogni titolo suggerisce soltanto la tenacia di una personalità che cerca nuove sfide. L'ostinazione di mettersi sempre alla prova l'ha portata a spaziare da
blockbuster per bambini come
Enchanted a commedie come
A Night at the Museum 2, da ruoli duri e impegnativi come
The Fighter a interpretazioni severe ed austere come
The Doubt. Questo
tour de force non l'ha ancora resa una star, per quanto le abbia regalato dei traguardi che sarebbero il sogno di molte altre attrici: è stata nominata tre volte dall'Academy, ha ricevuto altrettante candidature per il Golden Globe e ha
cantato alla notte degli Oscar. Uno spettatore ha sempre l'impressione di averla vista in qualche altro film: il suo volto è familiare ma non ha ancora trovato una caratterizzazione precisa e non si è scolpito definitivamente nella memoria. Amy Adams ha fatto di tutto per cancellare il ricordo dello straordinario successo di
Enchanted, che nel 2007 è diventato il suo migliore incasso e ha rilanciato la Walt Disney: se nella vita
normale le capita di essere riconosciuta da una famiglia, implora i genitori di non dire niente ai loro bambini. E' una sua tipica dichiarazione diplomatica: la volontà di salvare l'
illusione di Giselle dalla banalità quotidiana nasconde il rifiuto di essere etichettata in un solo ruolo. Amy Adams è abituata a cambiare: la notorietà e le nuove necessità non hanno modificato il suo desi

derio di migliorarsi a qualsiasi costo.
La sua biografia racconta che è nata in una base militare italiana, è cresciuta in un ambiente mormone e ha preferito seguire l'aspirazione della danza invece di continuare gli studi e andare al college. Non si è mai laureata, non è mai diventata una ballerina e ha servito ai tavoli di Hooters in shorts e canottiera… Questi dettagli contribuiscono a definire la sua caratteristica principale: la versatilità con cui ha affrontato la sua vita ma anche la sua determinazione con cui ha accettato la sfida di diventare una diva nonostante le sue limitazioni di partenza. Amy Adams ha raccontato di aver lavorato in quel ristorante il tempo che le era necessario per comprarsi un'automobile e tutta la sua strada come attrice ha seguito la stessa direzione: la sua volontà le ha permesso di fare qualsiasi ruolo con una rara professionalità. Ha fatto tanta esperienza nelle serie televisive, è stata notata in Steven Spielberg che l'ha scelta per Prova a prendermi ed è salita alla ribalta con Junebug, un film indipendente del 2006 che l'ha fatta mettere in lista per l'Oscar. E' stata credibile come eroina di una fairy-tale e ha sfiorato una pioggia di premi nel ruolo di una giovane suora repressa: ha lavorato con Meryl Streep e ha sempre affermato di averla vista come un modello ma ha anche lasciato trasparire la sfrontatezza di non invidiarle nulla.
Le sue interviste seminano qualche contraddizione: l'ingenuità si confonde tutte le volte con l'ambizione e si rivela come una finta modestia. Amy Ad
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ams ha conservato i lati più amabili di Giselle ma questa persistenza di vezzeggiativi e di buone maniere è anche una
captatio benevolentiae. Il suo successo si basa anche su una consapevolezza dei propri mezzi e sulla capacità di sapersi vendere: lo stesso zelo e la stessa attenzione ai particolari che hanno determinato il suo
exploit nello
stardom hollywoodiano si riflettono nella cura per la sua immagine. Amy Adams è sposata da dieci anni con Darren Lo Gallo, che ha conosciuto in un corso di recitazione: hanno avuto una bambina nel 2010 e la sua condotta si è tenuta lontana dai gossip e dal lato oscuro della fama.
In
Trouble with the Curve incarna la figlia di Clint Eastwood, che dedica tutti i suoi sforzi per sfondare come avvocato: la fermezza con cui cerca l'affermazione professionale, il rispetto dei valori familiari e l'attrazione verso Justin Timberlake le danno la possibilità di dissolvere la sua compostezza e il suo rigore con una sfumatura di contenuto sentimentalismo. Amy Adams sa gestire tutte queste cose insieme ma non evita il rimprovero che la sua ultima co-star rivolge al suo personaggio: è troppo concentrata sul suo lavoro e sulla
disciplina di sè stessa. E' un'inclinazione che si svela in modo impietoso durante la sua recente
faccia a faccia con David Letterman, nel corso della promozione di
The Master di Paul Thomas Anderson: lo studiato umorismo con cui
si adatta allo stile del presentatore lascia il posto ad un imbarazzato disagio non appena le domande vanno fuori tema e trattano lo spinoso argomento di Scientology. Amy Adams non ha il timore di dire qualcosa di sbagliato sula setta ma non ha
previsto l'improvvisazione: ha paura di perdere di vista la sua parte. L'obbedienza al copione e alle regole del suo mestiere, la difficoltà di
cedere all'autoironia sono gli unici ostacoli che impediscono il suo decollo definitivo. E' stata la
bartender che era pronta a tutto pur di difendere l'amore di Mark Wahlberg; ha fatto un gustoso, combattivo e affettuoso ritratto di Amelia Earhart, la prima donna aviatrice; ha camminato con un vestito impossibile tra le strade di New York mentre si domandava perchè a Manhattan nessuno fosse felice e contento… Ha messo una parte della sua esperienza personale al servizio della recitazione ma non è mai stata
veramente nessuno di questi ruoli: se solo Amy Adams imparasse a smarrirsi e a perdersi in quello che interpreta…
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