"Anamorph", di H.S. Miller

anamorph
Miller ricicla i modelli del thriller nel tentativo di operare un viaggio nella memoria (quella del protagonista e di noi spettatori) finalizzato non tanto alla riscoperta di un cinema passato, quanto alla ricerca di nuove prospettive (l'anamorfosi che nutre le visioni del killer e del protagonista) con cui provare a guardare ancora il cinema. E Dafoe è l'attore perfetto nell'incarnare l'attraversamento che il detective Aubray compie durante le tante immagini-performance della pellicola 

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anamorphSembra provenire dritto dagli anni novanta questo Anamorph di H.S. Miller. Più ancora da quel filone gothic thriller (atmosfere estetizzanti, cupe, per non dire nichiliste, ricche di riferimenti artistici e letterari) che ebbe forse il risultato più alto nel Seven di David Ficher per essere poi seguito da una sfilza di cuginetti manieristici e bruttini (il pessimo Resurrection di Russel Mulcahy su tutti). Cinque anni dopo l'uccisione del serial killer Uncle Eddie da parte del poliziotto Stan Aubray, quest'ultimo viene richiamato a investigare su nuovi terribili omicidi che sembrano compiuti con lo stesso stile. Tra corpi squartati e allestimenti pittorico-baconiani l'indagine di Audrey arriva a recuperare ricordi scomodi e un quesito inquietante: si tratta di un imitatore o del killer originario scampato alla cattura?
Nel suo manifestare la ricorrenza di molti elementi tipici del genere, tra cui la solitudine del protagonista, il rapporto conflittuale col proprio "gemello", il senso di colpa per un passato carico di ombre, il ricorso reiterato a nozionismi di arte barocca e rinascimentale, l'insistenza su particolari raccapriccianti che assumono il fascino della natura morta, Anamorph è un film vecchio almeno di un decennio, sostanzialmente incapace di riscrivere il genere all'insegna dell'originalità. L'operazione di Miller ha però il merito di riuscire consapevolemnte a mettere in scena questo disagio. Come il killer del suo film, Miller ricicla i suoi modelli nel tentativo di operare un viaggio nella memoria (quella del protagonista e di noi spettatori) finalizzato non tanto alla riscoperta di un cinema passato, quanto alla ricerca di nuove prospettive (l'anamorfosi che nutre le visioni del killer e del protagonista) con cui provare a guardare ancora il cinema. Da questo punto di vista Willem Dafoe, nella sua eterogeneità identitaria, sempre in bilico all'interno dell'industria cinematografica tra la marginalità autoriale (Ferrara,  Schrader, Von Trier, il Friedkin di Vivere e morire a Los Angeles) e la piena riconoscibilità hollywoodiana (Spider Man, Inside Man, Platoon) è probabilmente l'attore perfetto nell'incarnare l'attraversamento che il detective Aubray compie durante le tante immagini-performance di Anamorph. Un (grande) corpo neutro e dolente che portando sulle spalle (e sul volto) tutto il cinema possibile taglia la pellicola di Miller come fosse l'invisibile final cut metafilmico dell'unico Autore/Sguardo autosufficiente e al di sopra delle parti.

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Titolo originale: id.
Regia: H.S. Miller
Interpreti: Willem Dafoe, Scott Speedman, Don Harvey, James Rebhorn, Peter Stormare, Amy Carlson, Clea DuVall
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 107’
Origine: USA, 2007
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