Diceva Chris Marker in Level Five, non a caso un altro film come Ananda di Stefano Deffenu che ha il suo centro in un trauma, che se la questione principale del XX secolo era la coesistenza degli spazi, quella del XXI è invece la coesistenza dei tempi. L’incipit quasi manzoniano di questo docu-film mette subito al centro la questione: delle didascalie raccontano allo spettatore del viaggio in India fatto dal regista insieme al suo fratello gemello, durante il quale aveva deciso di riprendere tutto, ma il materiale era stato rubato da un bambino: tre anni dopo, con un pacco anonimo, le riprese gli sono state restituite. Sta al commento vocale, che si rifà all’ultimo Malick nella sua totale alterità, guidare il rimontaggio di questo archivio perduto, organizzandolo attorno a una grande assenza: quella del fratello gemello del regista, da un giorno all’altro scomparso senza lasciare traccia.

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L’obiettivo è sfuggente, visto che Deffenu vorrebbe trovare gli Ananda. Chi sono? C’è chi dice che siano un popolo mitico e nascosto, chi dice che siano dei bambini fantasma, chi che sia in realtà uno stato di beatitudine raggiungibile da ognuno di noi. Le tappe del viaggio riecheggiano nei capitoli del viaggio intimo che il regista compie in una India il cui fascino esotico è rafforzato da immagini lontane dai patinati e ripuliti quadretti turistici. Le riprese grezze restituiscono un’impressione di intensa autenticità agli eremi, alle strade trafficate e inquinate di Nuova Dehli, ai villaggi ai piedi dell’Himalaya, che finiscono spesso in un cortocircuito dato dalle manipolazioni che le fanno sembrare provenienti da distanze temporali ben più ampie di quelle effettive.

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Ovunque Deffenu si muova, comunque, ci sono sempre persone, visi restii o entusiasti di farsi riprendere. I primi piani onnipresenti diventano, di volta in volta, compressi saggi di auto-messa in scena dei soggetti e baratro infinito in cui perdersi alla ricerca di ciò che si è perso. A farsi strada attraverso il commento vocale, che nell’ora scarsa di Ananda si adagia troppo spesso su un passo stanco, è l’intima similitudine tra la scomparsa del fratello e una perdita di verginità, di innocenza del genere umano. L’uomo è ovunque, tutto ne è contaminato, persino le inquadrature nella bulimia di primi piani.

È proprio in quest’ultimi che Deffenu cerca e ricerca un’illuminazione che possa trasformare quell’assenza in una presenza, in resistenza. Basta, però, registrare dei sorrisi resilienti nei recessi del mondo per essere partecipi dello spirito Ananda? Basta per far entrare nel cerchio lo spettatore e farlo danzare insieme al suo regista? La voce narrante solo in brevi tratti riesce a generare quel genere di osmosi con la quale un percorso intimo trasuda nello spettatore, cosicchè anche le immagini finiscono per posarsi su un mero intento di rumore di fondo.

Regia: Stefano Deffenu
Distribuzione: Il Monello Film
Durata: 60′
Origine: Italia, 2022

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