Anna and the King
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Andy Tennant, dopo esperienze come ballerino in Grease e come sceneggiatore di alcuni film televisivi, è alla sua quarta regia cinematografica, e non tradisce la sua passione per le storie romantiche e per i lavori epici, stimolata, come dichiara lui stesso, da film come Il dottor Zivago, Braveheart, La mia Africa. Dopo la versione del 1946 – Anna e il re del Siam – e quella del 1956 – il musical Il re ed io – il leggendario racconto di Anna, una vedova inglese che, con un figlio, decide di abbandonare la patria per recarsi nel Siam, diventa il sogno ambizioso di Tennant, innamorato della storia e deciso a sottolineare, nel canovaccio, le distinzioni culturali e il rapporto speciale che si instaura tra i due protagonisti. Riesce nel suo intento: le contrapposizioni culturali emergono con delicatezza e sono mostrate anche attraverso aspetti simbolici come l'abbigliamento, che in Anna è volutamente neutro di contro a quello sfarzoso e colorato delle concubine del re; il rapporto speciale tra i due, invece, emerge da piccoli gesti, piccole concessioni, piccoli sguardi, e da una storia d'amore bisbigliata e impossibile, che li lega rendendo il tutto più romantico. Anna and the King è un film lungo ma ben strutturato, in cui le vicende amorose e quelle storiche camminano parallelamente, ognuna sullo sfondo dell'altra. Non c'è niente di particolarmente profondo e niente da leggere tra le righe, ma il regista ne è consapevole, così da affidare la riuscita del film al calore delle fotografia, alla luminosità di ampi spazi, all'imponente scenografia, risultato di un lavoro curato nei dettagli e soprattutto ai protagonisti, una Jodie Foster semplice e coraggiosa, e l'insolito Chow Yun-Fat, che siamo abituati a vedere in ben altre vesti, nonostante la sua carriera vanti numerosi ruoli romantici in sit-com e drammi prodotti a Hong Kong. | |||||||||||||||||||||||||
Manuela Pincitore | |||||||||||||||||||||||||
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