“Anna Karenina”, di Joe Wright
Joe Wright ricorda David Lean, proprio per la cura maniacale dei dettagli “abnormi” ed “espressivi” dell'ambiente. Ma l'ennesima trasposizione del romanzo di Tolstoj sembra limitarsi ad una perfetta incarnazione della frivolezza dell'alta società che non fa breccia nel nostro sguardo e il teatro/cinema del regista mette in contatto lo spettatore con un mondo che fatica a respirare
Siamo molto di più di ciò che pensiamo, dimostrarlo non appare l’obiettivo primario del regista che attraverso l’esteriorità teatrale della recitazione soprattutto denuncia un corpo inadeguato ad esprimere tutti i tormenti dell’anima cinematografica. Il realismo del capolavoro russo sembra scucirsi perpetuamente sempre in qualche punto per aprirsi verso un suo strato (stato) ulteriore, a volte attraverso una fenditura, a volte attraverso l'irruzione improvvisa di un intero paesaggio, che abbatte le pareti del teatro. Lo spalancarsi di queste matrioske non coincide però con l'ingresso nell'angoscia e nella frantumazione dell'Io, ma piuttosto si declina nella meraviglia euforica, in una sospensione dell'incredulità, come quando uno sguardo giovane ed inesperto resta ammaliato dai superpoteri del suo eroe preferito. In realtà, Joe Wright sembra trovare forza attingendo al cinema classico, o quantomeno all’immaginario del cinema classico, per poi gonfiarlo con una pomposa e a volte eccessiva operazione di esportazione ed importazione dai set altrui. Set sempre carico, ricolmo, come fosse un’opera lirica mozartiana, tra giocosità, mito e musica, senza avere però la forza di emozionare fino in fondo.
Con gesti e immagini perfettamente sincronizzate, il teatro/cinema di Wright non esclude una fruizione relegata al solo sforzo mentale mettendo in contatto lo spettatore con un mondo che fatica a respirare. Gli oggetti, le quinte, i segni distintivi della teatralità si trasformano in protesi esplicative dell’animo dei personaggi, l’intuizione degli spettatori viene ruffianamente stuzzicata, ma in fondo tutti i sensi, così come il tempo non si dilatano per accogliere le azioni nel suo moltiplicarsi tragico e visionario.
Titolo originale: Id.