"Anni felici" – Incontro con Daniele Luchetti, Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti

micaela ramazzotti, daniele luchetti e kim rossi stuart in anni felici
Conferenza stampa affollata quella di presentazione dell'atteso nuovo film di Daniele Luchetti, Anni Felici, dopo il buon successo di La nostra vita. Si tratta di un progetto in parte autobiografico, dove il regista mette in scena la propria infanzia nei primi anni '70, attraverso la storia d'amore travagliata tra i suoi genitori

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Conferenza stampa affollata quella di presentazione dell'atteso nuovo film di Daniele Luchetti, Anni Felici, dopo il buon successo di pubblico e critica de La nostra vita. Si tratta di un progetto in parte autobiografico, dove il regista mette in scena la propria infanzia nei primi anni '70, attraverso la storia d'amore travagliata tra i suoi genitori dominata dalle ossessioni/ambizioni artistiche del padre Guido interpretato da Kim Rossi Stuart e dal desiderio represso di libertà della madre Serena interpretata da Micaela Ramazzotti.  

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Prima di parlare del film, visto che tu stesso ne fai spesso accenno, è giusto farti la domanda se questi che rappresenti erano anche gli "anni felici" per la pellicola, ora il cinema sta diventando digitale, quindi altro…

Non c'è dubbio, la pellicola sta morendo, è una tecnica che ha più di 100 anni, ma quel che dispiace è che con essa muore molta dell'esperienza centenaria a cui era legata. Non voglio dire male del digitale, non è affatto questo, è che è semplicemente un'altra cosa, che genera di per sè altri modi di fare cinema. Quello di cui non mi capacito infatti è che questo patrimonio immenso di maestranze verrà perso. Per me, comunque, potrebbe essere l'ultima volta che giro un film in pellicola.

Ma facevi veramente questi diari filmati in Super 8 da piccolo come si vede nel film?

Si. Ne ho tanti, che non vedevo da anni e anni. Ne ho rivisto qualcuno mentre preparavo questo film. Diciamo che anche loro hanno ripreso vita attraverso questo film.

Come avete approcciato i vostri personaggi? Anche sapendo dello stretto legame che avevano col regista?

Ramazzotti: bah sinceramente il mio personaggio era prontissimo in sceneggiatura. Era talmente dettagliato che io potevo solo rovinarlo intervenendo troppo. Serena è una donna complessa, contraddittoria, con un fascino profondo che le deriva anche da evidenti ferite interne non risolte. E poi c'è il suo modo molto infantile di vivere l'amore, fatto di piccoli ricatti e ripicche. Insomma una persona vera e complessa. Mi ha aiutato molto vedere un paio di volte la vera madre di Daniele, che è venuta sul set. Ho visto una forza nei suoi occhi che ho cercato di mantenere. Daniele poi mi diceva sempre "Serena è una e mille persone, dì la battuta come ti viene". Insomma una ricerca d'attrice che mi è servita tantissimo.

Rossi Stuart: sinceramente non mi è così facile ultimamente trovare buone sceneggiature da interpretare. E quando Daniele mi ha chiamato non ho esitato, conosco il suo cinema, mi piace. Non ho nemmeno troppo analizzato il personaggio, ho accettato e basta. Poi però è partito un lavoro oltre la sceneggiatura, perchè Guido rischiava di essere un po' troppo monolitico e a tratti antipatico, non se ne capivano bene le ragioni. Ho cercato di immettere molte sfumature ironiche, persino comiche, per renderlo più caldo e partecipe del suo tempo. Ecco questo è un aspetto che mi è piaciuto molto: con Daniele sperimentavamo vari registri nel come concepire le scene, credo veramente che abbiamo girato tantissimo, ci sarebbe materiale per molti film. Il massimo per un attore.

Non è mai facile essere così dichiaratamente autobiografici, hai messo un vero confine tra l'arte e la vita in questo caso?

Se sapessi rispondere totalmete a questa domanda non avrei fatto il film. Mio padre era un giovane artista all'epoca, molto della vita familiare che avete visto nel film è tratta da veri piccoli fatti. Ma c'è molto di romanzato e inventato anche nella parabola dei miei genitori qui sullo schermo. Mia madre mi ha detto di non preoccuparmi affatto, non c'è problema di puntualizzare cosa è vero e cosa no, ho la mia libertà d'artista. Ma forse lei è un po' preoccupata per i vicini di casa che si chiederanno cosa è vero e cosa è falso (sorride). Diciamo che il mio film è essenzialmente un atto d'amore per l'umanità dei miei genitori e per la libertà che hanno avuto di vivere le loro passioni. O anche per la libertà che si son negati nelle passioni. Il film è questo.

Erano veramente anni felici i '70? C'era veramente quella libertà che tutti cercavano?

Rossi Stuart: io me li ricordo appena, diciamo però che la libertà è un concetto tanto e tale connaturato nell'uomo che non credo ce ne fosse di più allora. Forse c'era più foga nel cercarla e manifestarla, anche con atti violenti purtroppo. Ma in linea di massima credo che l'istinto alla ricerca di libertà e felicità accomuni tutti in tutte le epoche.

Tu hai scelto di portare il tuo film a Toronto e non a Venezia, è stata una scelta giusta a posteriori?

Ma non è stata una scelta dettata da paura o cose del genere. Io avevo bisogno, per un film talmente tanto personale, dell'ambiente più tranquillo e informale possibile. E Toronto è il posto giusto. Sia chiaro: la grande cerimoniosità di Cannes o Venezia mi è anche mancata, ma sinceramente non ha prezzo andare alla propria proiezione in jeans e chiaccherare liberamente con gli spettatori in sala. A Toronto è così, e per questo film in particolare mi sembrava il modo giusto.
 

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