Ant-Man and the Wasp: Quantumania, di Peyton Reed

Viene fagocitato dal multiverso, non riesce a liberarsi da un manierismo sempre più insistente e anche e il ricambio dei personaggi non è più completamente all’altezza.

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L’uscita di Iron Man (2008) aveva accennato subito alla folle idea di The Avengers (2012), ma il progetto di questo gigantesco cross-over di supereroi sembrava improbabile quasi per tutti. Del resto, come era possibile far funzionare un assortimento così vasto di personaggi che ancora zoppicavano nei loro film individuali? Sono passati quindici anni e il MCU ci ha abituato non solo all’impresa impossibile di vederli insieme in un’unica storia. Kevin Feige ha alzato talmente tanto il tiro che ora non si accontenta più di fargli condividere lo stesso tempo misurabile e lo stesso spazio fisico. Le loro storie si sono estese ad un multiverso di incroci e di riscritture potenzialmente infiniti.

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Questo punto d’arrivo è assolutamente coerente con le scadenze e i cicli pluridecennali dei comic-books. Le scelte editoriali hanno continuamente bisogno di aggiornarsi ai cambi generazionali del pubblico. E, ovviamente, una tale gamma di spunti narrativi rappresenta una ghiotta occasione per moltiplicare le offerte da lanciare sul mercato. Oltre alla classica distribuzione in sala, è necessario soddisfare l’insaziabile appetito dello streaming. Il pubblico cinematografico si accontenta di un paio di titoli all’anno ma quello di Disney+ vuole una serie nuova ogni due o tre mesi. Ant-Man and the Wasp: Quantumania è stato annunciato come il film d’apertura dell’evoluzione del MCU verso tutti i mondi possibili. Tuttavia, la sua visione lascia il sospetto che questa volta il salto non è stato naturale ed indolore come in passato.

È difficile stabilire con precisione i motivi per cui le nuove avventure di Ant-Man abbiano parzialmente mancato il bersaglio. Il feeling tra Peyton Reed e Paul Rudd era ormai cementato dal successo dei due capitoli precedenti. La fotografia di Bill Pope rende giustizia alle illustrazioni lisergiche di molte pagine sci-fi di Jack Kirby. La presenza di Jeff Loveness alla sceneggiatura garantiva una certa familiarità con le trame pluridimensionali. La sua firma su molti episodi della serie d’animazione Rick and Morty aveva dimostrato le sue doti nel maneggiare sia i vorticosi viaggi da un universo all’altro sia i tempi dei dialoghi brillanti.

Forse, Ant-Man and the Wasp: Quantumania non ha saputo bilanciare il divario tra le sfumature autoironiche del suo eroe e il titanismo del villain che deve introdurre. Kang ha un compito molto più difficile di quello che aveva Thanos e inevitabilmente non può permettersi di essere messo in ridicolo. La resa dei conti con il suo potere sarà il motore di almeno altri cinque/sei film e solo un antagonista memorabile può reggere un simile sforzo. La scelta di Jonathan Majors sembra abbastanza arrogante da assecondare le aspettative. Eppure, i contorni generali della sua ambizione non sono ancora definiti del tutto. Il fatto che Ant-Man cerchi di non prenderlo mai troppo sul serio non aiuta ad esaltare fino in fondo il suo carisma.

Il rovescio della medaglia ha effetti persino più limitanti. Le trovate più bizzarre ed azzeccate del film ne escono sottoutilizzate. La partecipazione amichevole di Bill Murray è troppo fugace per incidere mentre l’insolita e divertente caratterizzazione di M.O.D.O.K. lascia qualche rimpianto. È come se l’ansia di non poter fallire abbia ridimensionato le potenzialità del film e abbia mortificato le sue idee migliori. Ant-Man and the Wasp: Quantumania non può essere informale più di tanto ma non può nemmeno essere epico e tragico quanto dovrebbe. La resa scenografica del mondo subatomico è un esempio di questo divieto di osare. I colori psichedelici esitano davanti ad ambientazioni che finiscono per ricalcare quelle altamente affidabili della versione disneyana di Star Wars e di The Guardians Of the Galaxy di James Gunn. La sensazione è che il multiverso si sia espanso al punto da essere diventato troppo grande per gestirlo senza rimetterci qualcosa.

Il film fa pensare che la prima vittima illustre del MCU sia la spontaneità. La freschezza e le soluzioni coraggiose che avevano reso avvincenti tutte le sue fasi si sono consumate. Kevin Feige ha abbandonato la fidelizzazione verso il personaggio per abbracciare quella verso la continuity. Un passo inevitabile per un franchise che vede i suoi attori invecchiare e persino morire in corso d’opera. La Marvel ha sempre puntato sulla loro intercambiabilità ma sta scoprendo di non poter fare completamente a meno dei suoi pezzi da novanta. Così, i toni da sit-com mostrano un po’ la corda e il ricambio dei personaggi non è mai stato completamente all’altezza. Il rischio è che anche l’umorismo di Ant-Man scivoli sempre di più nel manierismo e che i colpi di scena del multiverso alla lunga diventino una routine come le scene post-credits.

 

Titolo originale: id.
Regia: Payton Reed
Interpreti: Paul Rudd, Evangeline Lilly, Kathryn Newton, Jonathan Majors, Michael Douglas, Michelle Pfeiffer, Bill Murray, Corey Stoll
Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures
Durata: 125’
Origine: USA, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
1.33 (3 voti)
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