Anthony Minghella, il cinema senza bandiera

Ritorno a Cold MountainIl regista inglese è scomparso lo scorso 19 marzo, a soli 54 anni. I suoi film sono stati giudicati troppo in fretta come patinati, belli senz’anima. Ma, aldilà di uno stile che fa della scrittura il suo momento privilegiato, nel profondo si agitano inquietudini tutte moderne, che testimoniano uno sguardo non riconciliato. Una poetica dello sradicamento, che racconta di personaggi in “esilio” e vive di fremiti e nervi scoperti    

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Anthony MinghellaImmediatamente bollato dalla critica come “patinato”, bello senz’anima, il cinema di Anthony Minghella attende ancora di passar l’esame. E a rendergli ragione non bastano neanche i tributi affrettati di questi giorni, successivi alla prematura e sfortunata scomparsa del regista, morto a soli 54 anni per un’emorragia cerebrale a seguito di un’operazione di routine. Per tracciare una rotta nella filmografia di Minghella (sei film in poco più di quindici anni), si può provare a partire da uno dei motivi sotterranei del suo cinema: la scrittura. In Mr. Wonderful (1993), Lee è intenta a scrivere la sua tesi, studia sui libri che le procura il suo professore amante, è affascinata dalla cultura, biblioteche, miliardi di pagine scritte. Il pluripremiato Il paziente inglese (ben nove Oscar) si apre con un pennello che traccia un disegno su un foglio. In realtà si tratta della riproduzione di un graffito ritrovato nella grotta “del nuotatore” scoperta dai geografi inglesi. E il graffito cos’è se non il più antico tentativo di un’espressione attraverso i segni? E poi il libro di Erodoto, vero depositario dei segreti e dei tormenti di Almasy/Ralph Fiennes, la biblioteca ritrovata nel casolare in Toscana, le ultime parole scritte da Katherine (Kristin Scott Thomas). Il motivo della scrittura torna di nuovo ne Il talento di Mr. Ripley (1999): Tom falsifica più volte la firma di Dickie, manda lettere e cartoline al suo posto, imbastisce la sua trama ingannatoria attraverso la parola scritta. E ancora, in Ritorno a Cold Mountain (2003) ci sono le lettere che Ada (Nicole Kidman) scrive a Inman (Jude Law), lettere il più delle volte spedite e mai recapitate, ma comunque capaci di tener vivo il sentimento e il legame aldilà della distanza e della tragedia. La voce over di Ada che legge le righe scritte all’amato segnano l’inizio del film e sempre una lettera segnerà la svolta fondamentale, convincendo Inman a disertare e a intraprendere il lungo cammino del ritorno. Il mondo è un universo di segni, in cui i sentimenti si esprimono attraverso le parole scritte, un tratto di penna che è al tempo un graffio e un tuffo al cuore.

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Il paziente ingleseNon è certo un caso quest’ossessione di Minghella per la scrittura. I motivi sono nella sua stessa biografia. Nato il 6 gennaio del 1954 a Ryde, Isola di Wight, Gran Bretagna, da padre italiano e madre inglese, Minghella si laurea all’università di Hull, dove intraprende la carriera accademica. Intanto si dedica alla scrittura per il teatro, affermandosi in breve tempo come un apprezzato commediografo, tanto da essere nominato nel 1984 miglior drammaturgo dell’anno dai London Theatre Critics. Quest’origine teatrale non può non lasciare il segno. Nel cinema di Minghella il momento della scrittura è sempre predominante rispetto a quello della visione. Nei suoi film è già tutto sulla carta e la forma, per quanto elegante e controllata, è sempre al servizio di ciò che è stato messo su carta prima. Sin dagli esordi de Il fantasma innamorato (1991) e, soprattutto, di Mr. Wonderful (1993), il primo lavoro americano, interpretato da Matt Dillon, Annabella Sciorra e William Hurt. Il film si regge interamente sulla sceneggiatura, calibrata al millimetro. Ogni scena e ogni parola batte a ritmo alternato sul tasto della commedia e quello del romanticismo, della tenerezza e della malinconia. Ma battere un tasto è suonare un pianoforte (in quasi tutti i film di Minghella, appassionato di musica, c’è uno strumento). E la scrittura del regista inglese è sempre a una sorta di partitura musicale, che costituisce l’ossatura ritmica e melodica di tutti i suoi film. Più a suo agio con i ritmi lenti e cadenzati del kolossal che con le accelerazioni e improvvisazioni jazz del thriller (Il talento di Mr. Ripley in fondo è un thriller spurio, che non decolla mai in quanto a suspense), il cinema di Minghella è comunque sempre trattenuto, l’esecuzione perfetta e diligente del pezzo, fedele alle note scritte sul pentagramma. Il che può essere indice di una certa freddezza e distacco, nonostante le costanti implicazioni Ritorno a Cold Mountainmelodrammatiche. Ma, a ben guardare, nelle eleganti maglie della struttura sostanzialmente classica, qua e là compaiono degli strappi. Breaking and Entering, rompere e irrompere. Ci sono dei momenti in cui nell’evidente chiarezza delle immagini qualcosa va fuori fuoco, si avverte uno scarto e l’occhio è costretto a pensare e a veder altro, come quando i corpi di Will/Jude Law e Amira/Juliette Binoche si abbandonano l’uno all’altro. Squarci fantastici (il sogno iniziale di Mr. Wonderful, la visione nel pozzo di Ada), lirici (i voli sul deserto e la visita alla cappella ne Il paziente inglese), barbaramente epici (la terribile battaglia di Petersburg), addirittura western (il duello finale di Cold Mountain). Se si potesse sfogliare il cinema di Minghella come un libro, dietro la copertina patinata si incontrerebbero pagine inaspettate, nervi scoperti che testimoniano di uno sguardo fondamentalmente non riconciliato. Si è spesso ripetuto che i kolossal di Minghella non riescono mai ad avere un respiro epico e si rinchiudono in un piccolo spazio privato. Ma se a dominare sono sempre i problemi personali, l’amore, la solitudine, l’incomprensione, sullo sfondo sono comunque presenti problemi più ampi. Il punto è che per l’epica occorre la condivisione di un saldo universo mitico a cui guardare e da cui attingere. Il cinema dell’inglese, invece, mostra un’inquietudine tutta moderna, una visione del mondo “apolide” che riflette sullo sradicamento. I personaggi di Minghella sono tutti, cIl talento di Mr. Ripleyhi in un modo, chi in un altro, fuori dal (non) loro mondo. In Mr. Wonderful Gus De Marco è un operaio squattrinato, figlio d’immigrati italiani. Ne Il paziente inglese Almesy è un nobile ungherese sostanzialmente estraneo agli interessi bellici della corona britannica, in ogni caso lontano anni luce dalla retorica patriottica del tempo di guerra. E allo stesso modo Il talento di Mr. Ripley è un film che fa della non appartenenza il suo motivo fondamentale. Dickie, in aperto contrasto con il padre miliardario, fa la bella in Italia e non ha la minima intenzione di tornare a casa e assumersi le sue responsabilità di “erede”. Tom Ripley addirittura fugge da se stesso, si costruisce artificiosamente una personalità rubando il vissuto degli altri. In Ritorno a Cold Mountain Ilman non condivide più le incomprensibili ragioni della guerra e non ha più una patria da servire. In Complicità e sospetti Amina è fuggita, insieme al figlio, dall’orrore della guerra in Bosnia e vive come può, tagliata fuori da qualsiasi integrazione con la società londinese. E’ un mondo mostruoso, come ripete spesso Ruby/Renée Zellweger, e in esso si è costretti a vivere come stranieri. Non è più tempo di eroi e bandiere, non si può più combattere per valori e ideali imposti dall’alto. Non resta che tornare al privato, tirare avanti al meglio, sempre alla ricerca affannosa di un rifugio in cui stare nascosti e in pace, di un corpo caldo lì affianco, nel letto. Inseguendo il fantasma di un amore, nonostante il caos.

  Ritorno a Cold Mountain 

 Il paziente inglese

                                   

 

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