Ari-Cassamortari, di Claudio Amendola

Impantanato nelle medesime criticità di sguardo del precedente capitolo, il nuovo film del regista naviga con il pilota automatico, incapace di concretizzare satira e spunti di trama. Prime Video

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A più di due anni di distanza dall’ultima esperienza dietro la macchina da presa, Claudio Amendola è tornato alla carica. E il suo Ari-Cassamortari, con il quale il regista riprende le fila delle “avventure” dei fratelli Pasti – alle prese con nuovi problemi contabili, nuovi decessi e la possibilità di concorrere per l’ambito Vespillone d’Oro – assomiglia sempre più alla dichiarazione d’intenti di un cineasta che, distribuzione permettendo, sembra deciso a creare un vero e proprio franchise. Una saga familiare da piattaforma che, imperterrita, vuole proseguire spedita lungo il sentiero tracciato, per dare seguito alle stramberie dinastiche presentate su Prime Video ormai nel marzo del 2022.

Del resto, già in occasione dell’uscita del primo capitolo dedicato alla peculiare azienda di pompe funebri di stanza nella capitale, avevamo cercato di inquadrare il cinema di Amendola nell’intersezione tra le più recenti derive della commedia all’italiana e un certo tipo di serialità statunitense. Spazio narrativo bizzarro, ma potenzialmente fertile, all’interno del quale il regista aveva però faticato a ritagliare un’unica via; bloccato da schematismi – e da una sorta di indecisione cronica – che ne avevano di fatto tarpato ogni velleità o sfumato ogni tentativo di abbracciare a pieno nuove formule.

Dispiace dunque constatare, in quest’ottica, quanto questa seconda immersione nelle dinamiche familiari dei fratelli Pasti non sia di fatto riuscita a rispondere a determinate urgenze evidenziate dal capostipite; e abbia invece finito per impantanarsi, a ben vedere, nelle medesime criticità di sguardo del precedente episodio.

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Sì perché, se è vero che nel film di Amendola resiste, almeno parziale, un tentativo di messa a fuoco del contemporaneo e di quelli che il regista individua come punti d’accesso privilegiati per il suo modo di fare satira – il mondo del food-influencer Brando Palato e della fashion blogger Bella Salma ne sono i primi e principali esempi – è altrettanto vero che la prospettiva da cui il cineasta osserva “la sua finzione” e sembra ansioso di elargire giudizi o dispensare facili scimmiottamenti web-centrici risulta purtroppo impregnata di una comicità esageratamente ancorata al passato. Comicità che tra l’altro, sulla scia di innumerevoli prodotti dalla forte matrice identitaria, abusa di regionalismi e accenti vari, esondando a più riprese da un più corretto dosaggio degli stessi.

Così facendo, il regista incappa dunque nello stesso spreco di risorse del passato. Specie in considerazione del fatto che all’interno di questo marasma di suggestioni nel quale occasionalmente, anche solo per caso, qualche piccola idea riesce a fare capolino – si pensi alla stravaganza del personaggio di Domiziana e ad alcuni riusciti scambi dialettici tra i 4 protagonisti – la direzione impostata da Amendola sembra più che altro improntata al raggiungimento del minimo sindacale. Espressione di un cinema che soffoca insomma sul nascere la maggior parte dei suoi spunti e si limita ad accompagnare al traguardo una narrazione mai realmente in grado di fare quel passo in più.

Regia: Claudio Amendola
Interpreti: Massimo Ghini, Gian Marco Tognazzi, Lucia Ocone, Alessandro Sperduti, Silvia D’Amico, Caterina Guzzanti, Michele Di Virgilio, Emanuel Casiero, Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu, Massimo Dapporto, Antonia Liskova, Edoardo Leo
Distribuzione: Amazon Prime Video, Vision Distribution
Durata: 111′
Origine: Italia, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
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