Aristocrats, di Yukiko Sode

Esplora le differenze di classe, associando i percorsi delle protagoniste alla stratificazione sociale di Tokyo. Manca però di una profonda analisi critica. Presentato al Japanese Film Festival

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Nel cinema giapponese la megalopoli di Tokyo assume da sempre un ruolo nevralgico, non solo per la sua natura di cornice spaziale, ma come lente d’inquadramento del sottotesto critico, nonché specchio socio-politico delle condizioni esistenziali di coloro che vi abitano/transitano. Che sia declinata in termini trasformativi – la frenetica urbanizzazione come incipit della trasmutazione nella trilogia di Tetsuo – o sotto forma di onirismo politico – Tokyo come luogo elettivo delle fantasie di ribellione in Throw Away Your Books, Rally in the Streets (Shuji Terayama, 1971) o in The Man Who Left His Will on Film (Nagisa Oshima, 1970) – l’immagine della capitale è sempre la matrice visuale con cui decodificare le fondamenta del racconto. Un approccio estetico di cui Aristocrats si serve apertamente, per rileggere il percorso delle due protagoniste alla luce della stratificazione societaria su cui la città nipponica fonda i suoi elementi significanti.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

In Aristocrats la città di Tokyo, di fatto, assume una configurazione piramidale, i cui diversi strati conformano il pensiero di coloro che vivono al loro interno, oltre a determinarne i comportamenti, le aspirazioni, e in definitiva, le scelte. È solo attraverso la configurazione delle istituzioni cittadine – famigliari, formative, sociali, con cui le protagoniste si interfacciano quotidianamente – che è possibile comprendere delle due donne tanto le idiosincrasie, quanto le visioni di vita. Nell’intrecciare i filoni narrativi dell’alto-borghese Hanako (la Mugi Kadowaki di Asakusa Kid) e della proletaria Miki (Kiko Mizuhara), il film presenta i rispettivi contesti sociali di provenienza – con tutto ciò che ne consegue – quali cornici uniche per i processi di costruzione identitaria. Se l’obiettivo di Hanako assume significato rileggendolo alla luce del suo specifico retroterra culturale – il desiderio di trovare marito prima dei trent’anni è mutuato dalla formazione tradizionale e ultra-conservatrice della famiglia in cui è cresciuta – nonché spaziale – ella è vissuta nel privilegiato centro di Tokyo – lo stesso vale per il desiderio d’indipendenza di Miki, alimentato dalla precarie condizioni economiche esperite in periferia. Un contrasto esistenziale evidente, che non assume mai un’istanza polemica, né tanto meno una base critica. L’obiettivo a cui tende Aristocrats nell’intersecare le (diverse) traiettorie delle protagoniste, non è dunque la presentazione di barriere sociali quale mezzo di separazione culturale, ma la messa in scena di una visione progressista, per cui sia (ancora) possibile giungere ad una condivisione di esperienze. Nonostante Hanako e Miki provengano (apparentemente) da mondi distanti, le condizioni esistenziali a cui la società nipponica le sottopone non sono così diverse. Comparando i percorsi narrativi delle protagoniste, il film abbatte le barriere culturali – senza indagarne le criticità, né tanto meno gli effetti – per costituire un terreno di comunicazione fertile, attraverso cui entrambe possano affermare le rispettive soggettività.

Per quanto Aristocrats succeda nell’esplorare le differenze di classe delle protagoniste – associando con intelligenza i percorsi identitari alle stratificazioni socio-culturali dei contesti di provenienza – manca totalmente di uno spirito polemico che metta in questione la natura classista del sistema vigente. Attraverso le figure parallele di Hanako e Miki, il film mostra l’esistenza di barriere culturali, la cui presenza nella storia non diviene però veicolo di un’analisi critica, né tanto meno di un’indagine sociologica. Quel che resta è la visione di un confronto positivo tra donne, che rifiutando gli stereotipi societari, affrancano le differenze, per condividere un percorso esistenziale che le proietti sulla comune via della pacificazione.

Titolo originale: Anoko wa kizoku
Regia: Yukiko Sode
Interpreti: Mugi Kadowaki, Kiko Mizuhara, Shizuka Ishibashi, Kengo Kora, Rio Yamashita, Yukiko Shinohara, Kei Ishibashi, Kenta Satoi, Takashi Yamanaka
Durata: 124′
Origine: Giappone, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.7
Sending
Il voto dei lettori
4 (1 voto)
--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative