Arriva John Doe, di Frank Capra

Una parabola evangelica con risvolti politici in cui il pessimismo di una società avida egoista e in guerra prevale a tratti sull’ottimismo di individui liberi e giusti. Domattina, ore 9.20, TV2000

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Arriva John Doe è il film in cui Frank Capra riflette sul suo cinema e ne fa emergere il lato oscuro. Un Quarto potere visto dalla parte della vittima e non del carnefice. Sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale, John Doe diventa il simbolo dell’uomo qualunque che scivola sulla strada lastricata da buone intenzioni.

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La storia parte dalla decisione dell’editore Henry Connell (James Gleason) di licenziare alcuni giornalisti per rifondare il New Bulletin: Anna Mitchell (Barbara Stanwyck), una delle vittime di questa rifondazione, decide di scrivere la falsa lettera di un immaginario John Doe che, per combattere le ingiustizie della società, annuncia il suo suicidio la notte di Natale. Visto il clamore mediatico dell’iniziativa Anna e l’editore decidono di fare impersonare John Doe a un vagabondo ex giocatore di baseball, tale Long John Willough (Gary Cooper). L’incredibile successo sociale di John Doe mette in moto l’interesse del magnate Norton/Citizen Kane (Edward Arnold) ad un mese dall’inizio delle elezioni presidenziali. Frank Capra fotografa perfettamente il delicato momento storico del suo paese che vede crollare il sogno del New Deal e si sta per impegnare nel secondo conflitto mondiale.

I primi minuti del film sono istantanee di vita americana che omaggiano il montaggio delle attrazioni di Ėjzenštejn: scorrono immagini di operai, minatori, telefoniste, cowboy, militari, ricamatrici, folla allo stadio e infine neonati. Poi lo stacco crudele su un operaio che distrugge la scritta Free Press con il martello pneumatico e un ragazzino che mima i licenziamenti nel giornale The Bulletin.

Un incipit amaro in rapporto ad un’opera di Capra molto simile nella struttura, Mr. Smith va a Washington (1939): John Doe pur ricordando Jefferson Smith è letteralmente diviso in due tra le ansie di libertà del suo amico anarchico “ il colonnello” (Walter Brennan) e la tempesta emotiva scatenata dalla intraprendente Anna, figura femminile moderna che dietro la maschera spregiudicata nasconde un animo sensibile. Anna crea il personaggio favolistico di John Doe plasmandolo su quello paterno mentre Long John nell’aderire a questa immagine archetipica trasforma la sua lotta per la sopravvivenza in ideale comunitario. Gary Cooper fa emergere un disagio esistenziale che va crescendo in maniera direttamente proporzionale al conflitto tra singolo e società attraverso i mezzi di comunicazione: si dichiara ad Anna con un sogno in cui freudianamente la figura del padre e dell’innamorato si confondono.

Arriva John Doe non è semplicemente un discorso sul potere della stampa e del mezzo radiofonico di creare dal nulla un “eroe per caso” a scopi propagandistici. John Doe è più vicino a una figura cristologica che necessita di un sacrificio per potere lavare la cattiva coscienza di un mondo spietato, avido e ingiusto. Morte e resurrezione di una idea utopistica di fratellanza universale. Il populismo da forza antintellettuale, antiburocratica e solidale si trasforma in un movimento demagogico, qualunquista e facilmente manipolabile dagli squali di Wall Street e Washington. Capra avverte questa frattura e rimette in discussione le fondamenta della sua filosofia. Se nella prima parte vedevamo John e il colonnello alle prese con i duetti per armonica e organetto (indimenticabile la Cavalcata dal Guglielmo Tell e il tema dal Pinocchio di Disney) o con le prove mimate di una partita di baseball (si pensa subito ad Antonioni e al finale di Blow-Up), con il passare del tempo spariscono le luci e arrivano le ombre, la pioggia, la neve. Il film viene letteralmente ingoiato dal buio prima nella memorabile scena della convention elettorale sotto la pioggia battente (nella quale il popolo sceglie John Doe crocefisso e Barabba/Norton libero) e successivamente nel concitato finale sulle cime di un grattacielo espressionista (sembra di essere nella Metropolis di Fritz Lang) dove Capra fa incontrare magicamente tutti i suoi personaggi sulle note di Silent Night.

Sceneggiato dal fido Robert Riskin, omaggiato nel corso del tempo da David Fincher (Se7en) e dai fratelli Coen (Mister Hula Hoop), Arriva John Doe è una parabola evangelica con evidenti risvolti politici in cui il pessimismo di una società avida egoista e in guerra prevale a tratti sull’ottimismo di individui liberi e giusti, senza recinti e in pace con i loro vicini. L’inno alla gioia è suonato dalla campane natalizie ma anche se c’è la neve It’s not a wonderful life.

 

Titolo originale: Meet John Doe
Regia: Frank Capra
Interpreti: Gary Cooper, Barbara Stanwick, Edward Arnold, Walter Brennan, James Gleason
Durata: 122′ (132′ versione integrale)
Oriine: USA, 1941
Genere: commedia/drammatico

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.14 (7 voti)
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