Artemis Fowl, di Kenneth Branagh

Disney e Kenneth Branagh provano, fallendo clamorosamente, il lancio di un franchise perseguitato dalla sfortuna. Un adattamento poco riuscito, in cui mancano originalità, carisma e divertimento.

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Dopo essere stato arrestato nei pressi del maniero Fowl, Bombarda Sterro viene interrogato dall’intelligence britannica, a cui svela l’esistenza della magia. Davanti all’incredulità dei funzionari governativi, l’uomo racconta allora la storia di Artemis Fowl Jr. e di come abbia  rubato il potente “Aculos”, rapito una creatura fatata, l’agente della LEP Spinella Tappo, e fronteggiato il Piccolo Popolo nel tentativo di salvare suo padre, a sua volta fatto prigioniero da una misteriosa figura incappucciata proprio per aver trafugato il manufatto magico.

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Dopo una gestazione lunga e travagliata, durata quasi vent’anni, la saga fantasy dell’irlandese Eoin Colfer, con protagonista il giovane ladro prodigio, Artemis Fowl, ha potuto vedere finalmente la luce. Tanto è infatti passato da quando la Miramax, nel 2001, acquista i diritti per svilupparne un franchise che però negli anni successivi resta sempre fermo sul nascere, concretizzandosi solo in rumors saltuari e di una sequela di nomi interessati al progetto (tra cui Saoirse Ronan nel ruolo di Spinella Tappo e Jim Sheridan alla regia). A sbloccare la situazione, nel 2013, ci pensa allora l’inserimento della Disney, che annuncia la realizzazione di un film basato sugli eventi dei primi due romanzi della saga, in collaborazione con la Weinstein Company. Almeno fino al 2017, quando i noti scandali legati al produttore americano portano la compagnia ad allontanare Weinstein. Intanto l’uscita fissata dalla Disney, inizialmente prevista per il 2019, subisce un ulteriore rinvio a quest’anno, durante il quale però esplode la pandemia del Covid-19, portando la compagnia a distribuire il film direttamente sulla piattaforma di Disney+. Col senno di poi, visto il risultato, non si può fare a meno di pensare che, forse, non si sia rivelato semplicemente all’”altezza” del grande schermo, pensando anche al caso di Mulan, che subirà di fatto la stessa sorte ma con una risonanza (nonché una strategia di distribuzione) decisamente diversa e più importante.

Considerando tutte le difficoltà produttive fin qui riportate, si può constatare che il compito di Kenneth Branagh non sia partito di certo con i maggiori auspici, d’altro canto la scelta di affidargli la regia, dopo i buoni risultati conseguiti con Cenerentola e soprattutto Thor (per rimanere alla “svolta blockbuster” dell’ultima fase della sua carriera) poteva far sperare almeno in una certa “sicurezza” di poter assistere ad un prodotto d’intrattenimento confezionato con mestiere. Il regista britannico fallisce, invece, nell’imprimere la giusta dose di fascino e meraviglia al bizzarro mondo creato da Colfer, a metà tra alta tecnologia e fantasy puro legato al folklore irlandese, come invece gli era riuscito più brillantemente con l’Asgard della Marvel e la mitologia norrena. Fin dall’entrata in azione del Piccolo Popolo e del personaggio di Spinella Topo, nella scena della “stasi temporale” a Martina Franca (ma girata in Toscana), si possono subito intuire i tanti problemi del film, tra un’eccessiva confusione della messa in scena, poca originalità degli effetti visivi (perlopiù tanto colorati e per nulla “magici”, anzi) ma soprattutto una “freddezza” assoluta a regnar sovrana.

Più il film procede, più appare chiaro che l’idea di adattare più romanzi della saga letteraria in un film solo, finisce da un lato col rendere troppo complessa una trama che, nella sostanza, sarebbe più che semplice; dall’altro, svuota completamente di carisma i suoi protagonisti. Chi ha letto i romanzi di Colfer noterà subito le molte libertà di cui si son fatti carico i due sceneggiatori Conor McPherson e Hamish McColl, che nel tentativo di arricchire i background di Artemis e Spinella, raggiungo l’unico risultato di banalizzarli enormemente. Quello che era un furto geniale e diabolico orchestrato da un ragazzino ai danni di un intero popolo, diventa così unicamente una missione di salvataggio, per di più possibile solamente grazie ad una conoscenza ”ereditata” dal padre e, infine, gestita in maniera piuttosto improvvisata. A pagarne le spese, più di tutti, è allora proprio il giovane Artemis Fowl Jr., la cui genialità è dichiarata, ancor prima della sua apparizione, da ogni altro personaggio sullo schermo, ma nei fatti quasi per nulla dimostrata, almeno degnamente (trasgredendo in piena regola al principio massimo dello “show, don’t tell”). E proprio in merito al dualismo tra freddezza e umanità, base della sua avvincente caratterizzazione cartacea, presentando fin da subito i nobili intenti dietro alle sue malefatte (eliminando, in questo caso, il ruolo di sua madre, sostituendola alla sola figura paterna) viene svilito anche il suo percorso agli occhi dello spettatore, causando solo l’effetto contrario di potenziale perdita d’interesse.

Una confusione generale, quindi, che finisce col colpire tutti i livelli della pellicola, compreso il cast, dove i soli a funzionare sono la Spinella Tappo di una promettente Lara McDonnell, specialmente per il suo riuscire ad andare oltre la sopracitata banalizzazione; e soprattutto Josh Gad e il suo Bombarda, non solo grazie alla consueta verve dell’attore (lui sì, si conferma una vera “sicurezza”), ma anche perché interprete dell’unico personaggio in grado di restituire la bizzarria e l’originalità della controparte cartacea. Se invece alle “teste di serie” Colin Farrell e Judi Dench, probabilmente, non si può chiedere di più di quello che hanno dato, a soffrire clamorosamente dei problemi dello script sono il giovane Ferdie Shaw e la famiglia Leale al completo, questi ultimi vittime di stereotipi piuttosto evidenti. Il pirotecnico, quanto scialbo, ultimo atto arriva così a rispecchiare perfettamente le difficoltà del film di Branagh: Bombarda e Spinella Tappo cercano di salvare il salvabile, mentre i “padroni di casa” continuano la propria deriva nell’anonimato, con tanto di finale aperto che però difficilmente vedrà un seguito (almeno stando al cattivo riscontro di critica e pubblico). A tal proposito, si può quantomeno notare una certa coerenza nella sfortuna che ancora circonda quest’adattamento cinematografico, a questo punto davvero senza fine.

Titolo originale: id.
Regia: Kenneth Branagh
Interpreti: Ferdia Shaw, Lara McDonell, Nonso Anozie, Judi Dench, Josh Gad, Colin Farrell
Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures
Durata: 94′
Origine: USA, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.5 (2 voti)
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