"Arthur e il popolo dei Minimei", di Luc Besson

Il film di Luc Besson, già presentato nella sezione Anteprime del 9° Future Film Festival, è un esplicito omaggio al mondo infantile, ma, per Besson, anche una nuova incursione nel mondo sotterraneo e pare un esplicito riferimento al cinema che ha segnato il transito dalla pellicola all'immagine che nasce da un software

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Siamo già nel fantastico mondo dei Minimei. Fin dalle prime inquadrature. Dentro una casa che non è solo una casa, ma anche una tana, un solare luogo isolato, con tanto di ruscello e orto, dove ciascuno si immagina una vita felice, dove nulla di male può accadere, tranne che il cattivo ti voglia strappare via la casa, il giardino e la tua vita. Stratificata di oggetti accumulati in ogni angolo, disordinatamente, oggetti che contribuiscono ad arricchire il felice labirinto, è questa la casa in cui vivono Arthur, la sua nonna e il suo cane, tutti nel ricordo del nonno Archibald, straordinario esploratore dell'Africa misteriosa e magica, amico del gigantesco popolo dei Bogo-Matassalai che per completarsi sono diventati amici del minuscolo popolo dei Minimei. Arthur per salvare la propria vita e quella della nonna dovrà trovare il tesoro che il nonno ha seppellito nel giardino e nel frattempo i Minimei che vivono nelle profondità del giardino sono minacciati dal terribile Maltazard. Così comincia l'avventura sotterranea.

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Besson si è trovato sempre a proprio agio nel sottosuolo da Subway a Nikita e anche Le grand bleu in fondo era un film sotterraneo. Il rapporto tra il grande e il piccolo è già presente in Leon e poi nel penultimo Angel-A. Quanto al fantastico, Il quinto elemento era già un sostanzioso assaggio. Questo, solo per fare qualche bilancio, al decimo film che potrebbe essere anche l'ultimo stando ad alcune notizie, tutte da confermare. In Arthur e il popolo dei Minimei, presentato nella sezione Anteprime del 9° Future Film Festival, l'autore francese torna nel sottosuolo a lui caro e racconta una storia che, per sua esplicita ammissione, è un esplicito omaggio al mondo dell'infanzia dal libro di Céline Garcia. Un sottosuolo brillante e colorato che stavolta non si contrappone a soprasuolo, ma nel quale, attraverso una cura costata cinque anni di lavoro, si muovono con estrema vivacità i personaggi in 3D che, grazie al paziente lavoro sull'animazione restituiscono a pieno ogni propria necessaria espressività. L'attenzione ai dialoghi e le invenzioni visive completano il lavoro e consentono di fare perdonare al film la convenzionalità della storia in cui l'annunciato lieto fine è solo un assaggio del possibile sequel.


Più complessivamente Besson, dopo avere rifiutato di girare la storia per la Tv preferendo la destinazione per la sala, ha lavorato in profondità non soltanto sull'aspetto più strettamente tecnologico, che non ama particolarmente, ma sul profilo meno visibile, ma non per questo meno efficace dal punto di vista espressivo, quello delle voci, coinvolgendo nomi d'eccezione nel doppiaggio dei personaggi da Robert De Niro a Madonna dal rapper Snoop Dogg a David Bowie autentico cattivo già alle prese, nel passato, coi mondi fantastici in Labyrinth. Se a questa lista si aggiunge la rediviva Mia Farrow sembra che Besson  abbia voluto omaggiare anche il cinema degli anni '80 in cui è avvenuto il definitivo transito dall'immagine su pellicola a quella prodotta da un software. Arthur e il popolo dei Minimei regge il compromesso tra queste due anime del prodotto cinematografico, senza malinconia, con la voglia di realizzare un film in cui, ancora una volta tutto è possibile e nel quale appartenere al piccolo o al grande, al sotto o al sopra siano, in fondo, un modo possibile per vivere dentro il sogno (del cinema).


 


Titolo originale: Arthur et les Minimoys


Regia: Luc Besson


Interpreti: Freddie Highmore, Mia Farrow, Ron Crawford, Penny Balfour, Doug Rand


Distribuzione: 01 Distribution


Durata: 102'


Origine: Francia, 2006

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