Artribune e le sculture di Giannelli: sul valore della critica

Insulti al direttore Massimiliano Tonelli dopo le critiche alle opere sotto il Duomo di Firenze, la Regione Toscana valuta la rimozione anticipata. Si può ancora fare critica?


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“C’è un minestrone di scadente arte pubblica contemporanea ai piedi del Duomo di Firenze” di Massimiliano Tonelli, 3 marzo, ha aperto un caso mediatico imponente e imbarazzante.

Nell’articolo, uscito su Artribune, il direttore del magazine denunciava la maldestra collocazione delle sculture di Emanuele Giannelli, artista di Pietrasanta, sotto al Duomo di Firenze. Nello specifico le sculture si trovano “dietro all’area absidale della chiesa di Santa Maria del Fiore, sotto la cupola del Brunelleschi, accanto al Museo dell’Opera e di fronte all’ingresso della Presidenza della Regione Toscana”, sottolinea Tonelli che descrive le due “statue” un “pastrocchio imbarazzante e surreale”. Ancor più surreale è l’esposizione delle opere che sui plinti presentano il nome dell’artista a tutta larghezza, la didascalia dell’opera, un codice QR, un adesivo con il logo dell’artista, una locandina e infine il brand della società che si è occupata della comunicazione. E ancor più surreale, sempre per il direttore, è la vicinanza ad una “macchia colorata” che sarebbe poi una scultura luminosa di Marco Lodola. Le tre opere, anzi “questi tre capolavori”, “se ne stanno insieme allegramente in un minestrone di pressappochismo e mancanza di rispetto”.

Tonelli ha sollevato anche interrogativi riguardo alla volontà politica dietro l’installazione delle opere, suggerendo che potesse essere una decisione della Regione Toscana o, peggio, del presidente Eugenio Giani e chiedendo chiarezza sulle modalità delle scelte, rimarcando l’assenza di un processo di filtro o di contrappesi.

Per quanto si possa essere d’accordo o meno con quanto scritto, certamente Tonelli si è attenuto al suo ruolo di critico, magari con frasi pungenti ma pur sempre legittime.

Quello che è parso meno legittimo, se non altro alla redazione di Artribune, è la replica dell’artista e dell’organizzazione messi giornalisticamente sotto accusa. Secondo quanto riportato da un ulteriore articolo di Artribune, l’ufficio stampa della mostra di Emanuele Giannelli avrebbe rivolto insulti e minacce ad Artribune. I messaggi che cita il magazine sono tutt’altro che pacati:

“Vergognati sei solo un poveretto, pensi che l’arte sia solo quella dei tuoi compari? La tua rivista del cazzo non vale niente. Vedi di sparire e di startene nel tuo, coglione che non sei altro. Ti disturba che gli altri hanno successo e a te non ti si caga nessuno? Ma è quello che ti meriti”

e anche:

“Togli quelle porcate che hai scritto e chiedi scusa a tutte le persone per bene che hai offeso credendoti chissacchi mentre sei solo lo sputo di una merda. Testa di cazzo non sei neppure degno di allacciarmi le scarpe. Direttore di stocazzo, questa è una conversazione privata, prova a renderla pubblica e poi vediamo”

Gli insulti sono arrivati anche a Luca Rossi e alla redazione di Finestre sull’Arte, dopo che il giornalista ha esposto la vicenda relativa alle installazioni di Giannelli e Lodola in un articolo che deviava su una riflessione riguardo il sistema dell’arte.

Ma proprio quando la polemica sembrava arenarsi, pochi giorni fa la Regione Toscana, promotrice delle opere di Giannelli, ha dichiarato di non entrare nel merito delle valutazioni artistiche precisando che l’ufficio stampa regionale non è legato ai messaggi inviati. In risposta alle polemiche, sta valutando di anticipare la chiusura dell’esposizione.

Sul fronte politico, la consigliera di Fratelli d’Italia, Sandra Bianchini, ha chiesto chiarimenti sui finanziamenti pubblici per le opere appellandosi al presidente Giani riguardo ai  toni dell’ufficio stampa di Giannelli.

Alla base di quanto successo, c’è una linea da ricalcare. Va ricordato il ruolo del critico: non un semplice osservatore, ma un attore fondamentale nel panorama artistico. La sua voce deve essere capace di esprimere giudizi forti e riflessioni storiche e non solo elogi approssimativi. Il critico è uno storico del presente, che deve distaccarsi dalla superficie per confrontarsi con l’arte e l’artista quanto restare fisso e fissato al suolo per incontrare il pubblico, stimolando il dibattito, mettendo in discussione e arricchendo la comprensione dell’opera.


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