Asghar Farhādi, Premio Fiesole ai Maestri del Cinema 2022

Il cineasta iraniano si è raccontato a 360° parlando dell’importanza della famiglia nel suo cinema, dell’uso del primo piano e soprattutto dell’influenza del cinema italiano nella sua opera.

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Internazionale, aperta, multiculturale. Così si è caratterizzata l’edizione 2022 del Premio Fiesole ai maestri del cinema, che quest’anno si è avvalso della collaborazione di Sentieri Selvaggi come media partner. Tra i premiati delle precedenti edizioni ci sono stati, tra gli altri Mario Martone, Paolo Sorrentino, Vittorio Storaro, Dario Argento, Gianni Amelio, Nanni Moretti, Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Michelangelo Antonioni, Luchino Visconti, Roberto Rossellini, Mario Monicelli e Francesco Rosi e, tra i registi internazionali, Spike Lee, Aki Kaurismäki, Ken Loach, Arthur Penn, Robert Altman, Wim Wenders, Alfred Hitchcock, Orson Welles, Akira Kurosawa e Ingmar Bergman. Quest’anno invece il riconoscimento è andato ad Asghar Farhādi che ha ritirato il premio sabato 16 luglio al Teatro Romano di Fiesole. Per l’occasione è stato pubblicato il libro Le verità nascoste. Il cinema di Asghar Farhādi a cura di Simone Emiliani, edito da ETS, che fa parte della collana “Clockwork Gente di Cinema” diretta da Augusto Sainati.

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La serata è stata introdotta dal indaco di Fiesole, Anna Ravoni, dal direttore artistico del Premio Fiesole Massimo Tria, dal coordinatore del gruppo toscano del Sindacato dei critici cinematografici, Marco Luceri e dai critici Elisa Baldini, Caterina Liverani e Simone Emiliani.

Dall’incontro è emersa subito la passione del regista per il cinema italiano. Farhādi sostiene inoltre che molti registi iraniani hanno  preso ispirazione dal nostro cinema, in particolar modo dal Neorealismo, che condivide con l’Iran il rispetto per la vita, elemento che secondo lui caratterizza anche registi italiani più recenti come Matteo Garrone e  Mario Martone. “De Sica ha fatto un film che si chiama Il tetto, meno conosciuto di altri ma che mi piace molto. Ho omaggiato De Sica nel mio ultimo film Un eroe in alcune scene, dove c’è un uomo con una bicicletta che passa“. A proposito dei suoi registi preferiti ha aggiunto: “In quello di Fellini, di cui non mi stancherò mai di vedere e rivedere La strada,  vedo le radici del cinema di Paolo Sorrentino. Mi piacciono anche i film di Nanni Moretti perché ‘rispettano’ il genere umano. Due anni fa poi ho messo in ordine alcuni film italiani e ho rivisto anche quelli di Visconti, fonte di costante ispirazione per me“.

 

La famiglia è un microcosmo spesso protagonista nella filmografia del regista: “Guardando i rapporti tra i membri di una famiglia, capiamo cosa succede nella società. Nei propri spazi domestici le persone hanno meno maschere e sono più vicine alla realtà. Nella mia cultura la vita dentro casa è diversa dalla vita fuori dalla casa. Da come si comportano all’interno delle proprie mura, possiamo capire come agiscono quando stanno fuori”. L’elemento familiare, da un punto di vista personale, è poi strettamente legato al cinema di Farhādi. La figlia Sarina è tra le attrici di Una separazione e Un eroe mentre il fratello Saeed, anche lui presente all’incontro, è sceneggiatore e collaborerà al suo prossimo film.

Il film a cui è più legato è Un eroe. “Penso che sia il film più vicino a me, non tanto a livello cinematografico ma soprattutto da un punto di vista emotivo“. Nel 2012 il cineasta aveva anche partecipato a un sondaggio su “Sight and Sound” sui 10 film che ha amato di più. Tra i titoli c’erano, tra gli altri, Rashomon (1950) di Akira Kurosawa, Tempi moderni (1936), Viaggio a Tokyo (1953) di Yasujiro Ozu, L’appartamento (1960) di Billy Wilder, Prendi i soldi e scappa (1969) di Woody Allen, Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola e Persona (1966) di Ingmar Bergman: “A distanza di dieci anni non cambierei nulla di quella classifica. Sono film fondamentali per la storia del cinema e per la mia formazione“.

Farhādi nei suoi film ha sempre cercato di opporsi alla censura del suo paese. “Le cose che non si dicono spesso sono più importanti di quelle che non si dicono. Anche con l’utilizzo del primo piano si può trovare il modo di dire ciò che è vietato”. Altro tema presente nei film e nella vita del regista è il tempo, definito come “il treno che ci lega alla morte, da cui non vogliamo mai scendere”. Farhādi ha poi citato un proverbio cubano: “Noi non sappiamo il passato che ci sta aspettando“. Nel corso della premiazione ha infine espresso un desiderio: “Ho saputo che alcuni colleghi sono in carcere e spero che la situazione si risolva perché l’arte deve essere libera“.

A seguito della cerimonia c’è stata la proiezione del film Una separazione e seguiranno nei prossimi giorni altri due suoi film, Un eroe il 7 agosto e Tutti lo sanno il 14.

 

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