ASIAN FILM FESTIVAL 2006 – "Chen Kaige : il destino della memoria"

Un percorso in punta di piedi attraverso le magnificenti architetture del cinema di Chen Kaige. Da "Yellow Earth" a "The Promise" gli stessi cunicoli da attraversare, passando amori e tradimenti dagli eleganti colori. La retrospettiva del cineasta cinese consegna al pubblico una visione del mondo ciclicamente compiuta

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Cambiano i personaggi e le atmosfere, ma non l'essenza dell'esistenza, che ha per Chen Kaige profonde radici nell'amore, inevitabile incarnazione del destino. Un destino legato al potere del tempo, che sembra quasi imprigionare le anime di chi lo sfida, come l'eroe del Regno della Neve di The Promise (2005), wuxia che si fa beffe delle leggi di gravità. Concetti che si possono soltanto sfiorare, intravedere, quelli del destino e del tempo, ai quali offre un solido appoggio la "terra gialla" della Cina, in una contrapposizione senza fine tra città e campagna. La terra della madrepatria, intessuta di storie di antichi regni (L'imperatore e l'assassino – 1982), di famiglie potenti all'alba del nuovo secolo (Le tentazioni della luna – 1996), di sconvolgimenti politici (Addio mia concubina – 1993).

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Nello spazio di inquadrature caparbiamente precise, capaci di stupire per la bellezza dei colori e la disposizione millimetricamente ragionata di cose e persone, si muovono uomini e donne dell'universo orchestrato da Kaige. Sono individui, personaggi unici, che si ritrovano ad attraversare percorsi già stabiliti, all'ombra dell' immanente realtà dei secoli passati. Si comincia dal principio, per tornare infine allo stesso punto, all'origine del cerchio. Si torna al passato, in un presente attraversato dai ricordi (Toghether with you – 2002), che riporta in vita eventi già accaduti, ma da tempo costretti in un angolo separato della memoria. Il futuro non può esistere senza passato, del quale è necessario comprendere le motivazioni, per sciogliere quei nodi diversamente condannati a rimanere inestricabili. Per questo tornano le stesse immagini. Dopo infinite battaglie, tradimenti, errori e sofferenze, il teorema impostato all'inizio arriva alla sua conclusione e tutto torna indietro, mettendo a nudo l'inequivocabile forza del destino.

Così Ruyi e Zhongliang  si rincorrono di nuovo attorno alle lampade luminose de Le tentazioni della luna, nello stesso modo il bambino de La vita appesa a un filo (1991) si ricongiunge al proprio passato dopo 60 anni di lezioni e la principessa di The Promise ricomincia a camminare sull'acqua, come nel preciso istante in cui la sua storia era stata scritta. Per questo quasi tutti i film di Kaige sono inscritti in una cornice, che non necessariamente coincide con un episodio di protagonisti-bambini. Spesso corrisponde semplicemente ad una realtà dei fatti priva di turbamenti, o almeno così sembrerebbe, alla quale tornare alla fine, per rispettare una geometria di impianto sapientemente studiata. È il caso dei due attori del teatro dell'Opera di Pechino, che aprono e chiudono la messinscena di passioni e gelosie di Addio mia concubina, o della vita di Alice in Killing Me Softly (2001), normale prima e dopo la parentesi di sconquasso emotivo sperimentata nel corso del film. Chiude con un finale che è anche inizio finanche Yellow Earth (1989), così distante nel tempo da The Promise, ma anch'esso inscritto in un cerchio, disegnato attraverso l'immagine fissa della terra, che è principio e fine. Fa eccezione forse L'imperatore e l'assassino, nel quale ad ogni modo la conclusione degli eventi si ricollega inevitabilmente ad una promessa (che riecheggia in questo modo anche all'ultimo film di Kaige), quella fatta dall'imperatore Shi Huangdi a Zhao, la donna che ama, promessa che in finale non viene mantenuta.

È cinema di contrasti quello di Chen Kaige, che sanno però risolversi grazie alla tecnica con cui il regista costruisce ogni singola immagine, secondo una perfezione quasi irreale. Ogni sua pellicola è un impasto di colori vividi e luce sottile, pallida, che filtra dalle enormi vetrate delle case, illuminando volti e particolari di ciascun corpo, rendendo quasi eterea la dimensione delle immense stanze vuote di palazzi nobiliari (The Promise), come pure quella di piccole ed intime abitazioni (Together With You). La musica, diegetica o extradiegetica, aderisce perfettamente alla superficie filmica del cineasta cinese, completandola, esaltandone i contenuti introspettivi, riuscendo a toccare l'animo di chi osserva lo svolgersi di quelle storie. Più piani si sovrappongono in ciascuna ripresa, riempiendo letteralmente lo spazio, secondo un senso architettonico della prospettiva che rinsalda una volta di più l'equilibrio tra vuoti e pieni. Fino sul fondo si scorgono oggetti, disposti in punti precisi della stanza, che diventa stratificazione di immagini, tutte curate allo stesso modo. Ne consegue un'eleganza sorprendente, che rimane il carattere distintivo del cinema di Kaige, anche quando la sostanza narrativa sembrerebbe impedirle di regnare. Esempio lampante è sicuramente Killing Me Softly, l'unico lungometraggio di matrice anglofona del regista, che pur abbandonando consuetudini e tematiche del mondo orientale, fa trasparire dal di dentro un senso per le geometriche corrispondenze, tipico del modo di fare cinema di Kaige. Le atmosfere si fanno più cupe, la luce rischiara meno interni ed esterni, ma un senso di perfezione pervade comunque ogni immagine. I colori sono vivi, brillanti, dal blu al rosso (come pure evidente in The Promise e Together With You), dal rosa al verde acqua e ogni sequenza risulta pregna di un' eleganza molto simile a quella di un fiore, perfetto in ogni sua parte (non a caso sono più d'una le scene in cui un vaso di fiori viene riposto sulla tavola).

Anche le masse sono fonte di contrasto per le intuizioni filmiche di Chen Kaige. Immensi grovigli umani, dai quali i singoli traggono forza o contro i quali sono chiamati dal destino a combattere. Soldati a perdita d'occhio, dalla colorata armatura, si confondono tra le fila dei due eserciti in lotta di The Promise, che ricordano le monocromatiche scene di combattimento tra le forze opposte de L'imperatore e l'assassino. Contadini disperati che invocano l'acqua in Yellow Earth, innumerevoli corpi tra i quali il singolo si perde, dai quali è ostacolato, come nella scena di Together with you, in cui il padre di Xiaochun lo porta in braccio mentre cammina in mezzo alla folla.


I personaggi voluti da Chen Kaige avanzano lungo i corridoi dei palazzi, camminano per le strade di Pechino, attraversano vicoli, convinti di poter decidere del loro futuro. Se potessero guardarsi intorno però, se riuscissero a vedere un po' più in là, scoprirebbero di essere come pesci rossi in una boccia d'acqua (disegnati o in carne ed ossa i pesci sono spesso presenti nelle sequenze filmate da Kaige). Si sentono liberi, immersi in quel liquido trasparente che non impedisce loro di muoversi, ma sono condannati a girare perpetuamente all'interno di quel contenitore, dalle pareti di vetro. Una mano prima o poi si immergerà in quell'acqua, ponendo fine alla loro drammatica esistenza. È la mano di Chen Kaige, tiranno indiscusso del suo mondo di illusioni.


 

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