ASIAN FILM FESTIVAL 2006 – "Pao's story" (Chuyen cua Pao), di Ngo Quang Hai (Concorso)

I guadi e i passi del cammino interiore vanno inferiti – niente di ciò che veramente è saliente viene verbalizzato, e tutto sta nell'empatia che le immagini stabiliscono tra Pao, esistenza lontana anni luce, realtà sociale di cui forse non conosciamo nemmeno i contorni, e il pubblico

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Pao è una ragazza che sta a una finestra. Sorprendentemente simile alla Eveline di James Joyce in 'Gente di Dublino'. Quando tutto è troppo difficile, quando il peso assegnato dalla vita grava troppo su spalle fragili, Pao si rifugia davanti alla sua finestra quadrata, che le manca anche negli attimi più desiderati di libertà. Il senso del dovere/amore e della gerarchia familiare la richiamano costantemente là. Ma la storia di Pao è stra-ordinaria: potrebbe succedere ovunque di essere concepiti da qualcuno e cresciuti da qualcun altro. Eppure nel film di Ngo Quang Hai tutto assume un respiro più ampio, di riflessione sul destino e sul senso dell'esistenza. Sarà l'alternanza tra i primi piani intensissimi della protagonista e le sue soggettive, quando lo sguardo di Pao si apre costantemente alle cime che circondano il suo piccolissimo mondo. Sarà l'ambientazione, sperduta tra le montagne del Vietnam, il primo mercato a mezza giornata di cammino. Attraverso un lungo flashback, è la stessa voce narrante della protagonista che ci racconta ogni cosa: il padre sposato a Kia, che non può avere figli, e che per tutta la vita si sentirà un peso per la famiglia; Pao e suo fratello concepiti allora insieme ad un'altra donna, ma allevati a casa, da 'mamma Kia'. Ma gli stati d'animo, i guadi e i passi del cammino interiore, tutto questo va inferito – niente di ciò che veramente è saliente viene verbalizzato, e tutto sta nell'empatia che le immagini stabiliscono tra Pao, esistenza lontana anni luce, realtà sociale di cui forse non conosciamo nemmeno i contorni, e il pubblico. Pao's story attraversa insieme alla protagonista la genesi e tutti gli sviluppi di una storia, celandone i riflessi sulle interiorità dei protagonisti, che vengono dissolti nel quotidiano – una realtà fatta quasi totalmente di lavoro, parlato di routine, abitudini e doveri. Dove i pensieri, i dubbi, le fughe dell'anima sembrano quasi solo distrazioni dai compiti della vita materiale e dove la fatica costante e l'isolamento sono spezzati solo qua e là, a tratti, dal suono di un flauto…Quella di Pao, che poi è una storia vera, regala – oltre al dispiegamento quasi magico, operato per sottrazione, di un'interiorità – anche colpi di scena e ribaltamenti – della vita e della morte, dei legami di sangue e di quelli 'altri'. E combina gli elementi naturali al linguaggio del corpo, e a quello dello sguardo, per descrivere il tutto con delicatezza, equilibrio ed efficacia.

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