Asian Film Festival 2007 – "Campaign", di Kazuhiro Soda

Questo documentario mostra un Giappone diverso e soprattutto ritrae un uomo ai limiti dell’assurdo, un candidato impegnato in una performance elettorale che, se non fosse vera, sembrerebbe uscita fuori da uno sketch di qualche ottimo comico, volenteroso di mettere in scena i paradossi della società in cui vive.

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Immergersi in un'altra realtà, lontana dalla propria, è sempre un'esperienza che andrebbe fatta. Ma non stiamo parlando di realtà o mondi artificiali, ma di quello che succede in altre parti del globo, in altre società, in altre nazioni. Uno dei compiti del documentario è proprio questo, serve a mostrarci cosa succede lontano da noi.

E allora immergersi nel Giappone, seguire un uomo nella sua campagna elettorale, diventa un modo per aprire ancora di più gli occhi sulle assurdità del mondo della politica.

Kazauhiko Yamauchi, uomo dalle qualità politiche, morali e culturali pressoché nulle, viene eletto nel consiglio comunale di Kawasaki grazie all'appoggio ricevuto dal Primo Ministro Giapponese che lo ha scelto per quel posto. Fino a qui niente di strano, i burattini in politica esistono da sempre, quello che sorprende sono le modalità attraverso le quali viene portata avanti la campagna elettorale.

Yamauchi, la moglie e il suo staff vanno in giro (a piedi o con un camioncino) a parlare direttamente con le persone, lasciando volantini e soprattutto ripetendo in maniera costante il nome di Yamauchi in una sorta di condizionamento passivo dei malcapitati che se li ritrovano tra i piedi. Il paradosso è che in una paese ipertecnologico come il Giappone, dove ci si immagina che la comunicazione sia fondamentalmente mediatica (televisione, cellulari, palmari, internet, radio etc) si ricorra invece ancora al contatto umano, alla stretta di mano, allo sguardo negli occhi per portare avanti una candidatura politica. Certo le modalità comunicative rimangono sempre ad un livello pubblicitario, di slogan, senza contenuti reali, ma per lo meno rimane un'azione reale, quella dell'incontro, del contatto fisico, che invece nella nostra politica è andata letteralmente persa. Da noi i politici sono diventati simulacri virtuali, entità televisive astratte.

L'altro elemento che colpisce è quello del grottesco insito nella ritualità dei comportamenti nipponici (almeno per uno spettatore occidentale). Tutte le forme di saluto e di riverenza per esempio. Oppure alcuni momenti decisamente comici come l'urlo collettivo (banzai) per salutare la vittoria di Yamauchi o anche il momento in cui il candidato fa ginnastica durante un suo incontro con delle persone.

Campaign è un documentario che mostra un Giappone diverso e che soprattutto ritrae un uomo ai limiti dell'assurdo, una sorta di maschera anfetaminica pronta a immolare tutta se stessa nel raggiungimento di un obiettivo, in una performance elettorale che, se non fosse vera, sembrerebbe uscita fuori da uno sketch di qualche ottimo comico, volenteroso di mettere in scena i paradossi della società in cui vive.

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