Asian Film Festival 2007 – "Love Me Not", di Lee Cheol-ha

Min è una ragazza cieca. Infiltrando questo personaggio da melò classico all’interno di una struttura ‘postmoderna’, con soluzioni visive e cromatiche quasi da videoclip, Cheol-ha pare  realizzare un melodramma per gli occhi e non per il cuore, che utilizzi gli occhi come fossero il cuore, che si affidi agli occhi per ricercare l’amore. Amore negli occhi.

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julian e ryu minLa messinscena di Lee Cheol-ha si basa sostanzialmente su di un corto circuito: il film procede per continui stimoli visivi e cromatici, inquadrature di grande suggestione e costruzione estetica, reiterati ricorsi all’utilizzo di soluzioni e cambi di ritmo quasi da videoclip – ma il suo personaggio principale, Ryu Min, è una ragazza cieca. Il regista imbastisce tutta la sua storia infiltrando questo personaggio da melò classico proto-hollywoodiano all’interno di una struttura quasi postmoderna, in cui la rappresentazione dei sentimenti e dei tormenti morali dei personaggi passa irrimediabilmente attraverso una stilizzazione raggelata delle forme e un raffreddamento consapevole e perseguito della materia narrativa (con gli immancabili tocchi ‘surreali’ come il bizzarro e minaccioso personaggio coi baffi e lo spietato orologio che corre) – più che una riflessione sul bisogno continuo ed assoluto di guardare (e del guardarsi dentro, come pare vogliano stare a significare le ambivalenti ambiguità di cui è carico ogni personaggio del film), un tentativo a tratti struggente (la sequenza notturna in cui Julian raggiunge attraversando di corsa la città Ryu Min che sta per essere importunata da due malintenzionati in un vicolo dietro al club che il protagonista è solito frequentare) di realizzare, dimostrandone in questa maniera la possibilità d’essere, un melodramma per gli occhi e non per il cuore, che anzi utilizzi gli organi della vista come fossero il cuore, e che soprattutto si affidi proprio agli occhi per ricercare l’amore. Amore negli occhi, allora: il sottile gioco di inganni e piccole bugie messo in atto dal faccendiere Julian per derubare dei propri averi l’ereditiera non vedente Ryu Min che è convinta di aver trovato in lui il fratello dal quale fu divisa in tenera età, conosce tutta una serie di tappe quasi douglassirkiane (tentativi di omicidio e di suicidio, crisi isteriche, scenate furibonde, piccoli splendenti atti d’amore e d’affetto dal valore immenso…) verso un avvicinamento affettivo tra i due personaggi, simili per quanto riguarda numerosi aspetti del rispettivo carattere, che si sublima in uno stupendo finale dalla prepotente forza evocativa ed emozionale in cui tutta la fluvialità melò trattenuta della vicenda ha modo di esplodere librandosi e liberandosi, lacrime sangue rivelazioni e confessioni sull’ultimo respiro – “ti amo ti amo ti amo ti amo” sussurra Julian infinite volte, e il paradosso di base di Love Me Not, titolo compreso, viene a cadere. Seppure chiaramente destinato ai nostri occhi, e messo in scena prevalentemente per il loro soddisfacimento, il film di Lee Cheol-ha dimostra invece in questo modo di sapersi insinuare anche molto più in profondità (“fumando una sigaretta come se dentro ci fossi tu…spingendo il fumo quanto più possibile dentro il mio stomaco…”); e il regista pare dunque conoscere il segreto per colpire dritto al cuore, attraverso gli occhi.

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