ASIAN FILM FESTIVAL 2012 – "I Have Loved", di Lai Weijie e Elizabeth Wijaya


Cinema aereo questo I Have Loved, che fa dell’astrazione la sua cifra cardine e che non vuole “reincarnare i fantasmi, ma solo confinarli in una continua ripetizione". Bell'esordio di due giovanissimi registi  di Singapore che resuscitano classiche tematiche di un'autorialità sofisticata (la memoria dei sentimenti, l’incomunicabilità delle passioni, il tempo frammentato e confuso, la ricerca perenne di nuove “storie” da raccontare) fondendole a una notevole e liberissima sperimentazione sul mezzo digitale

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I Have LovedSi respira sempre una salutare ambizione nel giovane cinema asiatico, una sfrontatezza (in)cosciente, come se la paura di confrontarsi con i grandi maestri del passato non esistesse e non dovesse mai esistere. Come se la gioia (anche bonariamente presuntuosa) di fare Film prevalesse su tutto e su tutti. E ci riscopriamo ancora una volta rapiti dalla freschezza della cinematografia di Singapore, capace in pochi anni di sfornare straordinari prodotti commerciali come Monga o visionarie derive sperimentali come i film di Royston Tan. E quest’anno è la volta dell’esordio di due giovanissimi registi, dal nome difficilmente pronuncibile, che con I Have Loved (Io ho amato) resuscitano le classiche tematiche di quell’autorialità più sofisticata che dagli europei Antonioni e Resnais porta oggi agli orientali Wong Kar Way e Tsai Ming Liang: la memoria dei sentimenti, l’incomunicabilità delle passioni, il tempo frammentato e confuso, la ricerca perenne di nuove “storie” da raccontare.

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Il film si apre e si chiude nel tempio sacro di Sleam Reap, in Cambogia, luogo dove regna il silenzio e dove diversi cristalli di tempo sembrano sovrapporsi senza soluzione di continuità. Noi spettatori diventiamo gli occhi e la memoria di Marie, una giovane donna occidentale che vaga e ricorda i suoi amori passati o presenti per elaborare un misterioso lutto. Suo marito è uno scrittore, ma prima (o dopo?) ha amato anche un giovane ragazzo del luogo: i due amori si sommano nel tempo e nello spazio restituendoci un film che non inquadra mai le azioni di Marie ma solo il “sentire” che da esse scaturisce. Cinema aereo quindi, che fa dell’astrazione la sua cifra cardine e che non vuole “reincarnare i fantasmi, ma solo confinarli in una continua ripetizione” come dice apertamente lo scrittore in cerca di storie. E allora il tempio cambogiano (che sembra proprio identico al 2046 di Wong…) si trasforma in un magma inconscio configurato in inquadrature impalpabili alternate a statuari e insistiti primi piani.

Ma la cosa che colpisce di più in I Have Loved è il continuo rilancio che i due registi operano sul concetto di valore testimoniale dell’immagine (vecchia riflessione) innestandolo nell’attuale sperimentazione sul digitale (nuovissima riflessione). Il risultato è un film "convintamente" digitale, perchè le specificità fotografiche del mezzo sono esaltate e piegate ai bisogni del cinema. E allora, chi lo sa, forse l’intero film è una meravigliosa e  (s)coperta metafora: il vecchio marito scrittore è colui che pensa in pellicola, il giovane e libero amante incarna il fluire digitale, e solo dalla collisione di questi due mondi la bella Marie crea Cinema nella sua sofferta memoria…

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    5 commenti

    • Ebbasta!Siamo nel 2012.La riflessione sul cinema, sul fare cinema, sul linguaggio, sul medium \ messaggio ha ormai divorato se stessa.Certe cose non si possono più dire, ne’ vedere.Il film dei giovani singaporesi è di una bruttezza assoluta, aggravata da uno pseudo-intellettualismo che ne aggrava la pochezza oggettiva. Lasciamo stare Antonioni (molto sopravvalutato, comunque) e Resnais, per carità. O Kar Wai. E’ fuorviante.Non basta insistere dieci minuti con la camera fissa su due braccia nude che fanno un disegno insignificante per fare un film ‘d’autore’.E nemmeno un film tout court.Non è provocazione o voluta dilatazione del tempo\spazio diegetico per esprimere \ evocare un certo stato d’animo, dell’anima: è mancanza di educazione, di rispetto per lo spettatore che può solo abbandonare la sala.Se al cinema si vedessero solo cose simili, chi mai ci andrebbe?E, con tutto il rispetto, la proporzione vecchio amante : pellicola = nuovo amante : digitale è una minchiata …

    • @ tatanka: non ho visto questo film, ma mi sembra che tu ti sia già dato una risposta: se ci fossero solo film simili chi ci andrebbe al cinema? Giusto, infatti non ci sono solo fim simili…ce ne sono di tutti i tipi, quindi perchè non ci potrebbero essere anche questi?

    • Il mio commento non era contro la pellicola ma contro la recensione totalmente fuorviante. Il film è oggettivamente inguardabile ma ce ne sono, sono stati e saranno tantissimi altri. Che esista pure. Chissenefrega. Mi irrita che venga spacciato per capolavoro o accostato a altri autori di ben altro spessore. C'est tout

    • pietro masciullo

      mi permetto di inserirmi nella discussione per fare solo una precisazione d'obbligo (premettendo che accetto col sorriso ogni tipo di critica): i miei riferimenti ad antonioni o kar way non significano affatto (credevo che fosse chiaro, evidentemente no) che questo film sia da "accostare" a quegli autori o essere un capolavoro. Semplicemente i due giovanissimi registi si rifanno a quella tradizione e cercano quei riferimenti alti, tutto qua. Credo in una visione/esperienza sempre "soggettiva" e mi sarebbe difficile parlare di film "oggettivamente" bello o brutto. Un saluto cordiale

    • Anch'io forse non sono stato chiaro. Stringersi i testicoli in una morsa può essere un'esperienza 'soggettivamente' esaltante ma 'oggettivamente' dolorosa.Leggendo la tua recensione (mi permetto il tu perchè sul web si è 'tutti giovani e belli') si è portati a credere di avere di fronte un film interessante, sulla scia dei Maestri citati, ecc.Non è così 'oggettivamente'. La scrittura è talmente rarefatta (e uso un termine assai benevolo) che non consente riflessioni sul contenuto (e quindi dove sono Antonioni o Resnais?). Le immagini sono così poco interessanti da non farti fruire nemmeno del godimento estetico (dove Kar Wai?). Il film è 'brutto'. Come possono essere 'brutte' tante opere pittoriche o brani musicali. Ogni arte si fa con talento e mestiere. Qui entrambi latitano. Credo che, come dice il proverbio, la Bellezza sia proprio solo nei tuoi occhi. Positivo per l’anima, pessimo per la critica..