Asian Film Festival 2025 – Incontro con Jeremy Chua

Il produttore singaporiano ospite dell’Asian Film Festival in corso a Roma ha condiviso la sue esperienze con i registi, le dinamiche di realizzazione di un film asiatico e l’importanza dei festival

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In un incontro ricco di spunti, Jeremy Chua, produttore e sceneggiatore singaporiano ospite dell’Asian Film Festival, ha condiviso la sua esperienza in un dialogo, moderato dal direttore del festival Antonio Termenini, e ospitato dalla RUFA – Rome University of Fine Arts. L’incontro ha offerto uno sguardo autentico sul lavoro del produttore cinematografico e sulle differenze tra le industrie del cinema asiatico ed europeo.

Chua ha raccontato i suoi inizi a Parigi, dove ha affinato la sensibilità produttiva. Tornato a Singapore, ha fondato la sua società di produzione, Potocol, con cui ha prodotto opere d’autore come A Yellow Bird di K. Rajagopal (Selezione Settimana della Critica, Cannes 2016) e A Lullaby to the Sorrowful Mystery di Lav Diaz (Orso d’argento, Berlinale 2016).

Forte di una visione internazionale, Chua ha saputo conquistare anche il pubblico europeo, producendo film acclamati come Inside the Yellow Cocoon Shell di Pham Thien An, Tomorrow Is a Long Time (2023) di Zhi Wei Jow, e Autobiography – Il ragazzo e il generale di Makbul Mubarak (2022).

Nel suo intervento, Chua ha descritto la figura del produttore come un architetto silenzioso, capace di costruire strategie e visioni attorno all’opera dell’autore. “Il rapporto con il regista è come una relazione sentimentale: dura anni, richiede affinità e stimolo reciproco”. La realizzazione di un film asiatico, ha raccontato Chua, ha un periodo di pre-produzione che si aggira tra i 2 e i 3 anni, a cui segue il periodo di shooting di 40 giorni circa e altri 2 o 3 anni per la post-produzione. In questo ultimo passaggio, ha aggiunto Termenini, il cinema asiatico si discosta da quello europeo e italiano nello specifico, dove il periodo di post-produzione è in genere più breve.

Il produttore è poi tornato sul rapporto con i registi, che solitamente sono “persone sensibili” e di cui è necessario cogliere i princìpi e la tecnica per poi agevolarne la creazione. Con un sorriso, Chua ha raccontato di come l’esperienza da gallerista svolta in gioventù gli abbia insegnato la precisione nell’interpretare un’opera visiva. “Nelle gallerie bisogna essere fini e risoluti nello scrivere la didascalia di un’opera, identificandone l’essenza e la tecnica utilizzata”. Così Chua si assicura di essere allo stesso livello del regista con cui dovrà intraprendere “una relazione”, intercettandone la visione e il linguaggio. Incalzato dalla platea, il produttore ha suggerito l’azione complementare ai giovani registi che devono approcciare un produttore. “Cercate di rendervi interessanti e assicuratevi che sia chiaro il vostro intento e lo stile con cui vorreste realizzare il film”.

Il dialogo si è spostato poi sulle differenza tra produzioni europee e asiatiche e sulle possibilità di coproduzione. Chua ha spesso collaborato con produzioni europee e di primo acchito ha sostenuto di non trovare differenze tra i paesi e che la sua ricerca è legata alla qualità e non alla geografia. “Serve la persona giusta indipendentemente dalla nazionalità”. Poi, mentre accennava ai cavilli tecnici delle coproduzioni, piene di regolamentazioni e normative, ha descritto una dinamica che differenzia Europa ed Asia. “In Asia fare un film è più semplice e più economico. Un film in Singapore può costare tra i 600.000 e i 2 milioni di dollari”, di cui una larga parte va in post produzione che è considerata, come detto, principale.

Infine Chua si è espresso sui festival di cinema. Lui stesso è anche programmatore del Pingyao International Film Festival in Cina e sostiene che il cinema sia molto più “politico” nei paesi asiatici dove l’approvazione passa per la distribuzione e i finanziamenti. In questo, i festival hanno un ruolo cruciale in quanto creano spazi di dialogo e resistenza creativa, nonostante la polizia spesso assista alle proiezioni e ne interrompa o vieti alcune scene. “In questo l’Europa gode di maggiori tutele ma sicuramente anche qui le cose sono da migliorare”.

L’incontro si è concluso con un sentito ringraziamento all’Asian Film Festival e un invito aperto: costruire ponti tra la cultura europea e quella asiatica.


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