Aspettando F1 – Il film: da Steve McQueen a Brad Pitt
In attesa dell’uscita in sala, il 25 giugno, del film di Joseph Kosinski, ripercorriamo lo strettissimo rapporto tra cinema, motori e alta velocità

Il cinema è nato per catturare il movimento: infatti, i primi filmati riguardavano cavalli e fantini, il volo degli uccelli e i treni. Cosa si muove più dell’automobile? Pensate alle rappresentazioni futuriste, in cui la macchina è simbolo di modernità, velocità e progresso tecnologico: lo stesso si può dire del cinema. Dove le automobili sono più veloci e moderne, se non nei circuiti di F1? Il 25 giugno esce il film che vuole segnare il punto d’incontro definitivo tra cinema e Formula 1: F1 di Joseph Kosinski, regista del grande action moderno, autore di Top Gun: Maverick, si confronta ora con il mondo delle corse. Un film che abbraccia tutti gli stilemi del cinema sportivo: il vecchio campione, Brad Pitt, ormai ritirato a causa di un grave incidente, che aiuta un giovane talento, interpretato da Damson Idris, a emergere.
La trama ricorda quella di Driven di Renny Harlin del 2001, dove il pilota Joe Tanto, interpretato da Sylvester Stallone, viene richiamato dalla sua vecchia scuderia per allenare un giovane pilota che, tra l’altro, ha una relazione con la sua ex fidanzata. Un film che punta più sull’adrenalina, sugli effetti speciali e sulla pericolosità dello sport che sul realismo. Non tutti i film che trattano la Formula 1 sono solo corse estreme e scene mozzafiato: alcuni scavano nella psicologia dei piloti o dei costruttori, nel rapporto con la tecnologia e con l’estremo, nella tensione tra vita e morte, tra l’uomo e Dio, tra l’uomo e la macchina.
La rivalità è uno dei grandi motori narrativi nei film sui piloti, permettendo spesso analisi psicologiche dei protagonisti e del loro modo di vivere lo sport. Sicuramente, il film che più ha segnato l’immaginario collettivo è Rush di Ron Howard del 2013, tratto da fatti reali: la rivalità tra James Hunt, interpretato da Chris Hemsworth, e Niki Lauda, che ha il volto di Daniel Brühl. Due uomini opposti, due modi completamente diversi di concepire la Formula 1: per James Hunt è un mondo fatto di donne, velocità e rock’n’roll; per Niki Lauda, uomo sposato, è ricerca della perfezione attraverso l’ingegneria e l’innovazione tecnologica. Ma i due mondi possono convivere: da rivali si può anche diventare amici. Memorabile la scena del ritorno in pista di Lauda al Gran Premio del Giappone, dopo l’incidente che quasi lo uccise.
I piloti di Formula 1 sono moderni gladiatori o toreri? Al pubblico interessa la morte? Spesso questi film riflettono su velocità, pericolo e mortalità. Già nel primo incontro tra cinema e corse automobilistiche, questa tematica era presente: I diavoli del Grand Prix di Roger Corman del 1963, si muove tra un triangolo amoroso, una vendetta che non si compirà mai e un lieto fine consolatorio. Ma, pur avendo forti tinte rosa, non edulcora mai il tema dell’eros e thanatos, che pervade tutta la pellicola, culminando in una sorta di inaspettata maturazione dei protagonisti. A un certo punto si parla di “uomo contro macchina, uomo contro la morte”.
Uno dei tasselli più importanti del rapporto tra cinema e F1 è un film mai realizzato: The Day of the Champion. Parte del materiale è stato recuperato nel documentario Steve McQueen – Il film perduto del 2021. Steve McQueen, leggenda di Hollywood e appassionato di corse, iniziò a produrlo a metà degli anni ’60 come progetto personale, ma non riuscì a completarlo. Tuttavia, l’attore realizzò un altro film sulle corse automobilistiche: Le 24 ore di Le Mans di Lee H. Katzin, un tentativo coraggioso di raccontare quel mondo attraverso una regia documentaristica e le numerose storie che si intrecciano durante la gara. La bellezza dell’atto agonistico viene espressa da McQueen in una scena, quando risponde alla vedova di un corridore: “La gente ci vuole vedere morire”, alla volontà di capire della donna, risponde: “È importante per chi è bravo. Non conta altro. Solo quando si correrà di nuovo”. Il film riflette sulla solitudine del pilota, sul senso di colpa e sull’ossessione per la vittoria. Non è da meno l’amico e collega Paul Newman, che dopo aver girato Indianapolis pista infernale nel 1969, titolo di James Goldstone che mantiene la tradizione di inserire piloti reali e riprese di corse reali nella finzione filmica, intraprenderà una carriera nel mondo delle auto da corsa, documentata in Paul Newman – Velocità e passione (2014).
A rendere omaggio a Le 24 ore di Le Mans è Le Mans ‘66 – La grande sfida del 2019 con Christian Bale e Matt Damon, diretto da James Mangold. Racconta come, nel 1966, Henry Ford II ingaggi il progettista Carroll Shelby e il pilota britannico Ken Miles per creare un’auto vincente. Qui non è solo il pilota al centro, ma anche la tecnica, i costruttori, i progettisti e i meccanici. Il film offre una visione a 360° della Formula 1, mettendo in luce anche la rivalità tra Ford e Ferrari. Le Mans, essendo un circuito di durata, si presta bene al dramma: 24 ore mettono a dura prova macchina e team. La vera lotta è tra chi ha la passione e chi lo fa per marketing, tra chi considera le corse un gioco e chi è disposto a pagare con la propria vita.
Proprio mentre Steve McQueen rinunciava al suo progetto, John Frankenheimer girava il suo film: Grand Prix del 1966, un’opera innovativa per l’uso di cineprese installate nelle vetture e lo schermo diviso, tecniche riprese anche in Le 24 ore di Le Mans. Grand Prix è la storia di riscatto di un pilota licenziato che torna a vincere. Ma racconta anche le vicende personali degli altri piloti, costruendo un grande dramma collettivo. Un altro tema ricorrente nei film sulle corse, è il senso di colpa per aver provocato un incidente mortale: la lotta non è solo con la morte, ma anche con la propria coscienza. Nel cast, un giovane James Garner e Toshiro Mifune nei panni del proprietario della scuderia Yamura.
Esistono anche opere più intimiste, centrate sull’anima del pilota, come Un attimo, una vita di Sydney Pollack. Il film esplora l’interiorità del pilota Bobby Deerfield, interpretato da Al Pacino, e rappresenta il tentativo di fondere melodramma e corse automobilistiche. Racconta la presa di coscienza di un uomo freddo, dedito solo al lavoro, che corre in Formula 1 “perché è tutto più dolce quando si rischia”. Ma quando l’amore e la morte bussano alla sua porta, è costretto a cambiare. Il film, tratto dal romanzo Il cielo non ha preferenze di Erich Maria Remarque, offre una visione inedita del pilota.
Un altro film estremamente intimista e segnato dalla morte è Ferrari di Michael Mann. Allarga il genere del film sulla Formula 1, scavando nella psicologia di un costruttore di sogni, dove la morte è sempre presente. Quando arriva, non sorprende: è la conseguenza naturale di quanto visto. Il Ferrari di Mann è un uomo che costruisce macchine per correre sempre più veloce, incurante delle conseguenze: un moderno dio della velocità, proiettato nel futuro, senza pensare al presente.
Netflix, sempre attenta agli interessi del pubblico, ha prodotto la serie brasiliana Senna, incentrata su Ayrton Senna, il pilota più celebrato dal cinema di finzione e documentaristico. Lo stesso F1 gli rende un piccolo omaggio. Non solo le sue vittorie, tre titoli mondiali, ma anche la sua tragica morte, hanno affascinato il mondo del cinema, a partire dal documentario Senna di Asif Kapadia del 2010. Nel 2021, Netflix ha lanciato anche Formula 1: Drive to Survive, una serie documentaria che segue i piloti nella preparazione, nelle gare e nelle loro vite. Giunta alla settima stagione, ha conquistato il pubblico grazie al suo tono crudo, al montaggio adrenalinico e alla vicinanza ai protagonisti.
E l’Italia? Pur essendo patria del circuito di Monza e della Ferrari, il cinema italiano, salvo rari casi, sembra immune al fascino delle corse. Un’eccezione è Formula Uno – Nell’inferno del Grand Prix di Guido Malatesta, regista noto per le commedie sexy e i film d’avventura degli anni ’70: trama simile ad altri film del genere, ma con una forte estetica seventies e una certa ingenuità stilistica. Forse il più grande tributo italiano all’automobile e alla Formula 1 è musicale: l’album Automobili di Lucio Dalla, concept dedicato al mondo delle corse, con brani come Nuvolari, dedicato al leggendario pilota, e Il motore del 2000, che riflette sull’auto come simbolo del boom economico e del futuro. L’automobile diventa così specchio di un paese che cambia.
Nel futuro ci aspetta Maserati: The Brothers di Robert Moresco, attualmente in produzione, con un cast d’eccezione: Al Pacino, Anthony Hopkins, Andy Garcia e Jessica Alba. Chissà se il film affronterà anche l’epoca in cui la casa automobilistica corse in Formula 1.