"Assault on precinct 13", di Jean-François Richet

La volatile eleganza e il prosciugato e ricchissimo stile indipendente carpenteriano in questo remake mutano in una contenuta ridondanza di stampo hollywoodiano che abbandona come alleato estetico-morale il buio allucinato che avvolge l'originale per affidarsi ai bagliori notturni delle armi d'assalto esaltati dal biancore della neve

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Esistono nella storia del cinema saggi filmici sulla claustrofobìa che ci vengono subito in mente quando pensiamo all'uso dello spazio scenico e scenografico, come pure al tema della libertà (che fa sempre "rima" con l'amore). L'esordio ufficiale alla regia (lo splendido e precendente Dark star era il saggio di fine corso all'Università della California del Sud, "dilatato" per il grande schermo) del maestro americano dell'horror John Carpenter, Distretto 13: le brigate della morte, western thrilleristico metropolitano che omaggia l'Hawks di Un dollaro d'onore, è tra i primi della lista per asciuttezza visiva e di script. La volatile eleganza e il prosciugato e al contempo ricchissimo stile indipendente carpenteriano in questo remake francese, apprezzato dallo stesso maestro, mutano in una contenuta ridondanza di stampo hollywoodiano che abbandona come alleato estetico-morale il buio allucinato che avvolge l'originale (quasi come la nebbia in Fog) per affidarsi ai bagliori notturni delle armi d'assalto esaltati dal biancore della neve, tentando di mettere più scopertamente a nudo caratteri, paure, codici etici del variegato gruppo di segregati, il livellamento indifferenziante tra poliziotti e detenuti uniti per salvare la pelle ovvero l'indecifrabilità della distribuzione tra bene e male, affidandosi a presenze femminili taglienti quali la psichiatra interpretata da Maria Bello (la serie tv E.R. – Medici in prima linea e nell'ultimo Cronenberg di History of Violence) che da sicura del fatto suo passa al terrore puro per concludere poi da leonessa il suo compresso percorso o la torrida sensualità di Drea DeMatteo (ancora da ricordare per Il nostro Natale di Ferrara) che, stretta nella morsa della morte, non riesce a smettere di pensare al sesso secondo una linea di pensiero che viene dall'antichità, dato che come sintetizza l'ammazza-sbirri Marion Bishop (un Laurence Fishburne dagli usuali toni dark mai dimentichi dell'incatenante ruolo della carriera, il Morpheus della trilogia di Matrix), eros e thanatos sono sempre inscindibili nella mente come nelle vicissitudini umane. E nel film di Richet, che pur nella buona fattura e nella piacevolezza del ritmo impresso perde ai punti col collega Florent Emilio Siri, autore col bellissimo Nido di vespe del miglior omaggio indiretto al film di Carpenter, da un ghetto di manifesta marcescenza a Los Angeles dell'originale ci si sposta in una stazione di polizia alla periferia industriale di Detroit. Neanche la più operosa ed onesta zona metropolitana contemporanea può evitare di essere infangata dalla sporcizia della società e delle sue istituzioni…


 


Titolo originale: id.
Regia:
Jean-François Richet
Interpreti: Ethan Hawke, Laurence Fishburne, John Leguizamo, Maria Bello, Gabriel Byrne, Drea DeMatteo
Distribuzione: CDI
Durata: 109'
Origine: Usa/Francia, 2005


 

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