Attack on Titan: The Last Attack, di Yūichirō Hayashi
Seppur non aggiunga nulla al finale della serie anime, lo rende più coeso, riuscendo anche a enfatizzare quel principio di autodeterminazione a cui “l’eroe” del manga ha votato la sua tragica missione
C’è una scena, posizionata non casualmente in apertura di questo Attack on Titan: The Last Attack, che sembrerebbe sintetizzare tutti i discorsi su cui Hajime Isayama ha fondato l’epilogo del suo manga, nonché la filosofia distopica a cui il protagonista dell’opera ha votato la sua tragica missione. Servendosi delle grammatiche del montaggio parallelo, l’ultimo dei compilation-movie della saga apre il racconto su uno scenario duplice, in cui è possibile ravvisare tutte le istanze che attraversano questo film conclusivo. Qui il confine tra le linee temporali, grazie al particolare potere acquisito in precedenza da Eren, non sembra minimamente esistere agli occhi del ragazzo (e dello spettatore), e mentre l’antieroe conversa su una collina con un bambino in quello che riteniamo essere il passato, nel “presente” della narrazione quello stesso infante viene inquadrato mentre perde la vita sotto l’inesorabile incedere di un esercito di giganti. Le due sequenze, seppur occorse in temporalità diverse, sono così connesse sullo stesso piano, e le lacrime che scorrono sul viso di Eren, affranto per il destino che lui stesso tra plasmando per l’innocente bambino, fungono da caleidoscopio del piano di distruzione collettiva che è in procinto di mettere in atto, anticipando così l’ultima tappa di quel cammino antieroico che il ragazzo necessita di perseguire per poter portare a termine la sua missione “libertaria”.
Ed è proprio su un’idea (traviata) di libertà, di ri-conquista di quel che è stato sempre negato ai concittadini di Eren, costretti per cento anni a (soprav)vivere all’interno di un’isola circoscritta da cinta murarie create con il potere dei giganti, che si basa questo adattamento cinematografico degli ultimi due episodi della popolare serie animata. Se, almeno ad uno primo sguardo, è il perseguimento della vendetta nei confronti dei “carcerieri” di Marley a muovere le azioni catastrofiste del protagonista, tanto da spingerlo nell’incipit di Attack on Titan: The Last Attack ad attivare quel “boato della terra” con cui sta minacciando l’incolumità dell’umanità intera grazie alla generazione di migliaia di esseri colossali, ciò che in realtà guida la missione del ragazzo è la necessità di affidare il futuro del genere umano ai suoi amati compagni, non appena avranno acquisito, dopo la dissoluzione dello status quo globale, quel “principio di autodeterminazione” che non avevano mai avuto la possibilità di conseguire a causa delle cospirazioni dei marleyani: e che solo adesso può apparire raggiungibile. Anche perché Eren, ponendosi come il demiurgo dello sterminio collettivo – che Mikasa e compagni dovranno per forza di cose neutralizzare – trova nel suo antieroismo la ricetta per livellare le differenze socio-politiche tra popoli, e garantire così ai suoi (ex?) commilitoni un futuro privo di costrizioni, dove nessuno sarà più vittima o “schiavo della libertà”.
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E ciò che restituisce spessore a tali riflessioni, è la naturalezza con cui Attack on Titan: The Last Attack redistribuisce il materiale di partenza in maniera più organica rispetto alle operazioni messe in campo dalla controparte televisiva. La stagione finale di Shingeki no Kyojin, seppur fedele al manga, è stata vittima di una frammentazione distributiva fin troppo eccessiva, tale da compromettere, almeno nella sua coesione interna, l’intreccio pensato su carta da Isayama, depotenziandone alcune sue istanze comunicative e riflessioni, relative soprattutto ai significati celati dietro il “lascito ideologico” dell’antieroe-profeta. Anche perché l’epilogo di Attack on Titan è tutto votato alla metabolizzazione, da parte dei compagni di Eren, di un’idea di libertà che non abbia nel soggiogamento all’altro il suo principio fondativo, e che sia basata su quell’ideale di antimilitarismo che solo il sacrificio del ragazzo (ora divenuto il “villain” agli occhi dell’umanità) può portare alla luce. Gli autori dello studio MAPPA lo hanno qui compreso a pieno, e costruiscono perciò il racconto su un progressivo sfaldamento del protagonismo di Eren, ora soppiantato per l’intera durata del lungometraggio dalla ritrovata centralità dei suoi colleghi del Corpo di Ricerca: ovvero gli unici, sembrerebbe suggerire la storia, a potersi (e a doversi) fare carico dell’eredità filosofica dell’antieroe. Destinati, ora che hanno conquistato la facoltà di autodeterminarsi, a riconfigurare l’equilibrio politico del mondo post-catastrofe secondo canoni potenzialmente più virtuosi.
Titolo originale: Shingeki no Kyojin Kanketsu-hen: THE LAST ATTACK
Regia: Yuichiro Hayashi
Voci: Yuki kaji, Yui Ishikawa, Marina Inoue, Hiroshi Kamiya, Yu Shimamura, Romi Park, Yoshimasa Hosoya, Kisho Taniyama, Hiro Shimono, Koji Hiwatari, Takehito Koyasu, Ayane Sakura, Natsuki Hanae, Manami Nukamura
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 145′
Origine: Giappone, 2024






















