"Aurora", di Friedrich Wilhelm Murnau
L'aurora del genio "ritorna" a dominare lo spazio con assoluta compiutezza, solo attraverso i mezzi dell'espressione filmica, superando tutto ciò che è tendenzioso, meccanico e reiterante. L'abbaglio è tenerezza, selvaggio vigore, debolezza, è una luce che cresce e decresce sul cinema circondato da un alone di sogni e (pre)sentimenti.
Per cominciare, solo Roma e Milano riscopriranno i bagliori di un capolavoro assoluto. Speriamo che lentamente l'aura si propaghi su tutto il Paese, riesumando aspirazioni artistiche assopite. Aurora è uno spiraglio, un fenomeno che doma tendenze all'introversione, che ritorna ciclicamente per rispondere alle potenti aspirazioni collettive di rinchiudersi in un guscio. Oltre l'unico "monologo interiore", la connivenza di sogno e realtà è totale, la modulazione di effetti macabri e poetici è intrisa di verismo: l'angoscia ti prende tra i paesaggi rurali, negli esterni. L'aurora del genio "ritorna" a dominare lo spazio con assoluta compiutezza solo attraverso i mezzi dell'espressione filmica, superando tutto ciò che è tendenzioso, meccanico e reiterante. L'abbaglio è tenerezza, selvaggio vigore, debolezza, è una luce che cresce e decresce sul cinema circondato da un alone di sogni e (pre)sentimenti. Murnau vede tutto, da qualsiasi punto. La macchina da presa è "svincolata" e le possibilità del visibile si allargano fino all'indicibile. Senza bisogno di artifici, con leggerezza l'occhio viaggio dal mondo infinitamente grande (la città) al mondo dell'infinitamente piccolo. Pittore del cinema, custode di luce. La luce nel suo cinema c'è sempre, anzi doppiamente: quella del proiettore mostra quella registrata che cade sul "girato". Tra le due s'insinua il lato (oscuro), la forma negativa: il buio come passaggio obbligato. I suoi fantasmi/mostri giungono a materializzarsi e a far convergere l'avanguardia narrativa verso il "film assoluto" o "produttivo" che gli americani insegnavano. Addomesticato o insegnato? Nella patria della democrazia, Murnau però non rinnega l'elemento scenografico, istanza che incarna il polo fatale, invalicabile della tragedia. In Aurora il paesaggio e gli altri elementi naturali hanno funzione di destino in lotta tra le opposizioni espansione/contrazione, attrazione/repulsione. Il cinema è un occhio interminabile che scruta l'ultimo spazio immaginabile.
Titolo originale: Sunrise
Regia: F.W. Murnau
Sceneggiatura: Carl Mayer
Montaggio: Harold Schuster
Fotografia: Charles Rosher, Karl Struss
Musiche: Hugo Riesenfeld
Scenografia: Rochus Gliese
Interpreti: George O'Brien (l'Uomo), Janet Gaynor (la Moglie), Margaret Livingston (la Donna di città), Bodil Rosing (la cameriera), J Farrell MacDonald (il fotografo), Ralph Sipperly (il barbiere), Jane Winton (la manicure), Arthur Housman (l'uomo inopportuno), Eddie Boland (l'uomo cortese)
Produzione: 20th Century Fox
Distribuzione: BIM Distribuzione
Durata: 106'
Origine: USA, 1927/2004