Autobiography, di Makbul Mubarak

L’opera prima del regista indonesiano nasce da un sentimento di rivalsa sociale che pervade l’intero film, capace di trasformare anche solo per un attimo una brava persona in un mostro. Orizzonti

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Autobiography del regista indonesiano Makbul Mubarak, presentato in anteprima nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia, racconta la storia di un rapporto perverso tra due individui opposti ma al contempo stranamente speculari. Il giovane Rakib è rimasto l’unico custode di una villa disabitata appartenente a Purna, ex generale in pensione, presso la cui famiglia il clan di Rakib è al servizio da secoli; di padre in figlio. Quando Purna torna a casa e inizia la campagna per essere eletto sindaco, Rakib si lega all’uomo, diventato per lui mentore e figura paterna e trova la propria vocazione facendogli da assistente, nel lavoro e nella vita. Un atto di vandalismo durante la campagna elettorale innesca un’escalation di violenza destinata a sconvolgere la vita del giovane Rakib.

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Mubarak parte dai ricordi della sua infanzia trascorsa sul finire della dittatura in Indonesia (1965-1998) per tratteggiare un racconto angosciante che disorienta il pubblico ma in primis il protagonista, confuso e in completa balìa del suo aguzzino. Il giovane trova in Purna una figura paterna rispettata e temuta nel villaggio, al contrario del padre naturale incarcerato. D’altronde è fin troppo facile per un uomo carismatico ed istruito raggirare un ragazzino di campagna semplice come Rakib. Si tratta alla fine dell’influenza che un certo tipo di politica populista ha sempre avuto sul sottoproletariato. Ed è proprio così che Purna si sta facendo strada nel piccolo paesino, con false promesse e illusioni di chissà quali agi e ricchezze. Rakib ne resta completamente rapito, finché un atto di violenza inaudita non lo scuote e sveglia dall’incantesimo; da questo momento in poi il film cambia totalmente atmosfera assumendo quella del thriller psicologico. La camera segue l’incedere incerto del giovane protagonista in ambienti scuri e apparentemente ostili, mentre la colonna sonora sottolinea ogni movimento improvviso del generale. L’apice della tensione si raggiunge quando l’uomo insiste per insaponare personalmente Rakib sotto la doccia, una scena raccapricciante nella sua semplicità.

Il ragazzo vede finalmente l’uomo per quello che è, uno psicopatico falso e moralmente corrotto; ma come fare a spezzare una catena di violenze e ingiustizie lunga quanto la storia della propria stessa discendenza? Il regista decide di investigare un periodo molto difficile della storia del suo paese, in cui personaggi potenti e corrotti dominavano la povera gente rimanendo pressoché intoccabili dalla legge. I due personaggi rappresentano diverse generazioni e diverse classi sociali dello stesso paese che il regista ha voluto mettere a confronto per creare uno scontro ideale. La scelta coraggiosa che Rakib prenderà non è solo disobbedienza civile, ma la liberazione da decenni di oppressione patita dalla sua famiglia e dalla sua gente. L’opera prima di Makbul Mubarak nasce da un chiaro sentimento di rivalsa sociale che pervade l’intero film, capace di trasformare anche solo per un momento una brava persona in un mostro.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
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