"Avrei voluto la carriera di John Wayne: lui non ha dovuto girare Fermati o mamma spara…" – Incontro con Sylvester Stallone

A Roma per presentare in anteprima il suo ultimo Rocky Balboa, l'autore dimostra con le sue risposte di aver fatto sua la lezione imparata facendo la gavetta nella Factory di Roger Corman, e di aver appreso la filosofia del glorioso regista – da sempre, cinema strettamente funzionale e funzionante, genuinamente militante e orgogliosamente 'commerciale'

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"Siate più cose possibili!": venuto a Roma per presentare in anteprima il suo ritorno dietro la macchina da presa con il nuovo tassello dell'epopea di Rocky Balboa, Sylvester Stallone confida ai giornalisti italiani i suoi consigli per gli attori della sua stessa età che si sentono ormai messi da parte da Hollywood: "mi sento di aver vissuto 10 altre vite sino ad oggi. Adesso voglio soprattutto scrivere e dirigere, con cast di attori preferibilmente giovani: mi piace questa nuova fase della mia vita – per questo dico agli attori della mia generazione che non lavorano più come prima: scrivete, fate un film, dirigetelo! Rocky Balboa è un film per loro, affinché gli Studios pensino: 'se ce l'ha fatta Stallone…'. Il mio film, come pure Rambo IV a cui sto lavorando, è un atto di resistenza. Una sfida a Hollywood." Ecco che Stallone continua a dimostrare di aver fatto sua la lezione imparata facendo la gavetta come tanti nella Factory di Roger Corman, e di aver dunque appreso la filosofia del glorioso regista "B" per eccellenza – da sempre, cinema strettamente funzionale e funzionante, prodotto in serie come lavoro collettivo (quanto materiale 'riutilizzato' di volta in volta nei vari episodi di Rocky diretti da Stallone?), cinema genuinamente militante e orgogliosamente 'commerciale': "nel film non ci sono movimenti di macchina complessi o inquadrature particolarmente elaborate – la mdp non si muove poi molto perché Rocky è un personaggio che non si muove poi molto. Almeno, nella vita."

 

Ecco, nel film ci è parsa esserci, parallelamente a quella del personaggio, una vera e propria evoluzione anche del Suo stile di regia, verso un classicismo sempre più essenziale. Non a caso, forse, il plot può ricordare uno straordinario film addirittura di John Ford, She wore a yellow Ribbon, con John Wayne che visita la tomba della moglie morta prima di partire per la sua ultima spedizione contro gli Indiani…

 

Questo è perché, quando ho scritto il film, l'ho fatto ponendomi come pubblico ideale quello della mia stessa generazione. Lo Studio mi suggeriva di progettare un film per un target giovanile, ma io avevo in testa quella stessa gente che aveva la mia età quando è uscito il primo Rocky. Eppure, il film è piaciuto molto ai giovani. Sono contento, perché la mia idea è quella di porre il personaggio di Rocky come un esempio di vita, un eroe che cerca un modo per risalire la china dopo essere sprofondato nel dolore, perché ha ancora qualcosa da dare. Come Million Dollar Baby di Clint Eastwood, Rocky Balboa non è un film sulla boxe – in realtà, ci saranno in tutta la pellicola non più di venti minuti di pugilato. A conti fatti, è un film sulle emozioni, un film di sentimenti.

 

Dunque è questa stretta empatia tra lo Stallone / personaggio Rocky e la vicenda personale e professionale dello Stallone /sceneggiatore-produttore-regista che l'ha spinta a riprendere in mano la vicenda del pugile, e a sottoporsi ad allenamenti massacranti per tornare in una forma fisica adatta alla boxe?

 

La verità è che ero rimasto profondamente deluso del modo in cui Rocky V fu realizzato alla fine, e di come fu accolto dal pubblico: la storia di Balboa aveva bisogno di una conclusione diversa. Rocky V proprio non funzionava. Da allora ad oggi sono passati 17 anni. Peso 20 kg in più di quanto pesassi in Rocky III, ma mi sento molto più in forma in questo periodo che 20 anni fa. E anche se per fare Rocky Balboa ho dovuto accettare di fare Rambo IV, sono comunque contento che alla fine il film sia stato prodotto.

 

Ci parli un po' di questo Suo progetto di una quarta avventura del reduce…

 

Rambo IV: Pearl of the Cobra è per certi versi il rovescio della medaglia di Rocky Balboa: tanto il film sul pugile è ottimistico, luminoso, tanto quello su John Rambo avrà a che fare con l'oscurità, e l'isolamento. Anche John è un uomo giunto all'ultima fase della sua vita, e in questa sua ultima missione il soldato troverà finalmente un senso ultimo a tutta la sua drammatica esistenza. Sarà una sceneggiatura davvero impegnativa da scrivere, molto più di quanto lo sia stata quella di Rocky Balboa: il pugile è un personaggio che parla, scherza, e comunica molto. Rambo invece non parla – quindi tutte queste cose bisognerà spiegarle con le immagini. E' un progetto davvero difficile, ma voglio che il film venga fuori nel migliore dei modi. Spero proprio che vada tutto bene con Rambo IV. Avevo accettato di fare il film circa un anno e mezzo prima di avere l'ok per Rocky Balboa, per cui ho degli impegni legali precisi che mi obbligano a realizzare Rambo IV, anche se adesso non mi rende proprio pazzo di gioia l'idea che i due film vengano distribuiti uno dietro l'altro. Per cui cercherò di fare l'anno prossimo, in mezzo tra le due uscite, un piccolo film che spezzi la continuità dei sequel – forse mi metterò a lavorare su di una vicenda di gangsta-rappers che si uccidono tra di loro…

 

 

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