Baby gang, di Stefano Calvagna

Baby gang è la storia di cinque ragazzi che cominciano a delinquere per soldi, un racconto fatto di violenza quotidiana, ricatti, spaccio, furti e prostituzione.

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Le strade di Roma nel film di Stefano Calvagna sono piene di incroci difficili da attraversare. Soprattutto quando agli incroci incontri dei ragazzi problematici come Marco, Giorgio, Luca, Giulio e Sandro, adolescenti inclini ad uno stile di vita deleterio e svuotati di ambizioni nobili, che scambiano una rivalsa di natura sociale con l’arrogante pretesa di ottenere tutto in una città trasformata in giungla urbana. In nome del dio denaro sono disposti ad ogni genere di reato, truffa, rapina, spaccio, prostituzione. Sempre con l’ausilio della violenza, che all’occorrenza può diventare un diversivo per mettere la chiosa ad un weekend di eccessi e resta il loro modo preferito per circoscrivere un posto nel mondo.

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Nel piano improvvisato di conquista di spazio vitale, nel progressivo svuotamento interiore a favore di una sempre maggiore fisicità espressiva, piena di cadenze tipiche giovanili, massacri, minacce, la stella polare restano dei modelli accantonati con la velocità ed il disprezzo che rendono pieno di odio il modo di osservare la realtà da antagonisti a prescindere. Al regista poco interessa analizzare a fondo le cause o le motivazioni delle azioni riprovevoli dei suoi protagonisti, suonerebbero comunque troppo stonate per uno spartito ingiustificabile. I personaggi sono accomunati da corruzione, talvolta rabbia, salvo qualche vittima di furti o pestaggi (altre vittime sono loro stessi dei carnefici), e costruiscono uno spaccato di vita cittadina nel quale le uniche forme di redenzione sembrano essere la morte o la carcerazione. Un ritratto crudo e molto cupo che cerca di farsi palpabile nei corpi degli attori non professionisti che compongono il cast, esordienti e non, tutti scelti con l’intenzione di raccontare qualcosa di limitrofo e veritiero.

Ha qualcosa il volto di questi ragazzi che ricorda La paranza dei bambini di Claudio Giovannesi ma nel film di Calvagna lo stesso desiderio di ricchezza ed esibizione viene lasciato perlopiù in ombra, e gli occhi ormai sono senza amore. Scritto con il sistema del work in progress e la story line comunicata giorno per giorno, Baby Gang fa esplicito riferimento ad un fenomeno che prende velocemente piede nelle aree metropolitane e focalizza l’attenzione sulle imprese della banda attraverso gli occhi del leader, Marco, e della sua spalla destra, Giorgio. Un’operazione che potrebbe funzionare meglio se non cadesse nella ripetizione e lasciasse qualche indizio o un’incrinatura prima del finale ed il precipitare degli eventi. Tra le storie quotidiane di cronaca nera clonate per il film, trova posto la vicenda delle prostitute minorenni della capitale, e si avvicina all’argomento molto meglio della serie Netflix Baby, lasciando da parte ogni tentativo di edulcorazione. Girato con un budget minimo, trova il modo di omaggiare ancora una volta Franco Califano come successo nel film Non escludo il ritorno che al cantante era dedicato, stavolta con un pezzo, Tutto il resto è noia. L’intervallo temporale è racchiuso, adoperando dei salti, dentro una escalation sfrenata che tra debiti per droga, ricatti e pistole sfoderate lascia presagire il peggio.

Regia: Stefano Calvagna
Interpreti: Daniele Lelli, Raffaele Sola, Gianluca Barone, Francesco Lisandrelli, Gianmarco Malizia, Claudio Vanni, Andrea Autullo, Stefano Calvagna, Domiziana Mocci, Chiara De Angelis, Giulia Sauro, Sabrina Sotiryadi
Distribuzione: Lake Film
Durata: 85′
Origine: Italia, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.25 (4 voti)
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