Bansky Does New York, di Chris Mourkabel

Stasera sarà proiettato in sala, nel circuito UCI, il documentario sull’installazione ‘on the air’ newyorkese dell’artista di strada senza volto più famoso al mondo

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“Who’s Bansky?”. Il nome si ripete. Nelle scritte, nei notiziari, nei social. L’artista di strada più famoso al mondo, originario di Bristol, come un fantasma. Non si vede ma lascia continuamente tracce della sua presenza. Che diventa virale, si allarga a macchia d’olio, ridefinisce anche i colori e tracce delle geometrie di New York nel periodo dove si è annunciata la sua presenza, nell’intero mese di ottobre del 2013. Ogni giorno un luogo diverso. Dal Lower East Side a Staten Island, dal Sunset Park a Brooklyn a Coney Island per finire l’ultimo giorno al Queens. La Grande Mela ridisegnata. Con la presenza/assenza di un corpo puramente cinematografico, che si è già raccontato in prima persona in Exit Through the Gift.

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bansky does new york2The Man Without a Face. Da una parte le sue installazioni di strada. Dall’altra le reazioni: video, tweet, foto. E la cosa interessante di questo documentario targato HBO, al di là della sua forma diaristica, è proprio nel modo in cui fa emergere il feed-back che si crea tra l’artista e il suo pubblico e, più in generale, tra chi crea e chi fruisce dell’arte. Bansky lascia le sue immagini come un cineasta dietro la macchina da presa. Dove l’opera non è più chiusa nei musei ma diventa mobile come il camioncino con i pupazzi degli agnelli, mucche e maiali di Sirens of the Lambs, può essere venduta a 60 dollari per strada appena fuori Central Park o attraverso un’asta on-line a 650.000 dollari come nel caso di Nazi Picture Landscape.

“Who’s Barsky?”. Esiste davvero? Cercano di rintracciarlo, di ridefinirlo diverse figure come il critico d’arte del New York Observer Andrew Russeth. Prova a prendermi. Come una caccia al tesoro. Che nel corso del suo mese a New York ha avuto anche reazioni negative come quelle del sindaco uscente Bloomberg che ha affermato che l’artista “rovina la proprietà privata”. Ma per il resto sono lampi. E il documentario di Morkabel, appare continuamente teso a inseguire il suo protagonista. Non ne cattura l’impeto del tratto ma sicuramente ci riesce con i suoi continui effetti-sorpresa, come nel caso della scultura di Ronald McDonald. E, nel finale, quel blu dipinto filmato del cielo sembra il suo. Che è un altro punto di (non) arrivo di un documentario dove i graffiti si alternano e danzano a ritmo rap.

 

Titolo originale: id.

Regia: Chris Morkabel

Distribuzione: Wanted Cinema

Durata: 79′

Origine: Usa 2014

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