"Bar Sport", di Massimo Martelli

Bar Sport Bar Sport è stato e rimane un catalogo dell’italianità in vitro colta “archeologicamente” nel suo tempio prediletto. Ma lo spettatore (ri)cade tradizionalmente in quell’effetto nostalgia che intasa ormai da troppi anni il nostro cinema. È questo che accomuna il bar di Martelli al bar di Avati o al nuovo casotto di Cerami: il complesso di inferiorità verso uno sguardo che in passato è riuscito straordinariamente a intercettare un tempo che non è più chiaramente il nostro…

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Bar Sport, di Massimo Martelli

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    «Un bar sport possiede un richiamo tanto maggiore quanto più organicamente possiede attrazioni…» — Stefano Benni in Bar Sport

 

 

Il compito non era facile. Trasporre al cinema l’opera forse più amata e conosciuta di uno scrittore che ha sempre fatto della sperimentazione sul linguaggio letterario il proprio marchio di fabbrica. Bar Sport segnò l’esordio di Stefano Benni nel 1976, al primo (non) romanzo della sua lunghissima galleria, in quello che nel corso degli anni è divenuto una sorta di catalogo dell’italianità in vitro colta “archeologicamente” nel suo tempio prediletto: il bar. E quindi il crodino e la gazzetta, il gettone telefonico e il biliardo, i boeri e il jukebox, il flipper e l’insegna scassata, la Luisona regina delle paste e la favola da bar. E poi il “tennico” e il “cinno”, il professore e il nonno, le vecchiette e il playboy, tutti a (con)fondere la propria esistenza fra quelle mura così familiari. Bene: trentacinque anni dopo ci troviamo di fronte ad una traduzione filmica fedelissima, che si pone come obiettivo dichiarato quello di ri-mediare il testo benniano su grande schermo rimanendo ancorati il più possibile a quelle atmosfere. E da questo punto di vista poco da dire, il compito (anche a detta dello stesso Benni) è riuscito alla perfezione…ma questo basta? Fino a che punto è bene per un film “non” tradire l’opera letteraria di partenza? In questo caso ci troviamo di fronte ad un umorismo che ha fatto sicuramente storia, ma che innegabilmente sente ormai il peso del tempo: riletto oggi il libro sembra un’opera di archeologia umoristica che scatena più ammirazione che ilarità. E il film (nel 2011…) sembra a sua volta una macchina del tempo che ci catapulta in un’epoca dove la comicità era ancora il gioco sul “senso” della parola più che sul “nonsense”; uno spazio stretto e popolato da personaggi che fanno del loro essere così genuinamente sopra le righe un involontario detonatore comico; una storia che a sua volta si dipana sulla scia delle classiche stripes surreali e fumettistiche per connotare un ambiente, un sentire comune, una Nazione che ci unisca. La provincia come cartina di tornasole della nostra anima popolare e la città come sogno proibito sempre inseguito e mai raggiunto (neanche per la tanto attesa Bologna-Fiorentina di campionato!).

 

Claudio Bisio in Bar SportCerto, l’arma in più di Massimo Martelli è qui un interessante uso dell’animazione che irrompe sempre nel momento fatidico del “raccontare” una storia – nelle scene sicuramente più riuscite del film – in un atto evidentemente voluto e politico. Ma nonostante queste isolate attrazioni e nonostante l’apprezzabile sforzo attoriale, lo spettatore ricade costantemente in quell’effetto nostalgia che intasa ormai da troppi anni il cinema italiano. Quell’effetto che non ti fa mai vi(b)rare dalla poltrona per toccare un Mondo Altro, ma che ti fa rimanere tradizionalmente ancorato ad un mondo che conosci benissimo. Ed è questo che accomuna il Bar Sport di Martelli al bar Margherita di Avati o al nuovo casotto di Cerami: film certamente diversi e forse imparagonabili, ma che scontano l’identico complesso di inferiorità verso un passato glorioso del nostro cinema che (purtroppo) tarda ad essere dimenticato. Verso uno sguardo che in passato è riuscito straordinariamente a intercettare un tempo che non è più il nostro. E allora: perché non guardare oltre? Perché non assecondare sino in fondo gli sprazzi di coraggio? Insomma, perché non tentare di sostituire la nostalgia del cinema con l’investimento nel cinema?

 

 

Regia: Massimo Martelli

Interpreti: Claudio Bisio, Giuseppe Battiston, Antonio Catania, Angela Finocchiaro, Lunetta Savino, Bob Messini, Vito, Aura Rolenzetti, Antonio Cornacchione, Teo Teocoli, Claudio Amendola
Origine: Italia 2011
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 93'

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    Un commento

    • Onesto e Spietato

      Il film di Martelli merita tanta stima. Ha il pregio di non essere la solita commedia italiana cialtrona. Ha i suoi tempi lenti, battute con pause evidenti, aura nostalgica tutto intorno. Ma sono scelte lodevoli. Come scrivo sul pezzo presente sul mio blog (Onesto e Spietato), ha i suoi difetti. Ma tutto è un'arma a doppio taglio, da valutare con attenzione. Le animazioni sono favolose, una novità nel panorama nostrano sempre più piatto… un applauso a Massimo Martelli!