Barry Jenkins sostiene “non faro più film in live action”
Il regista di Mufasa rilascia un’intervista in cui si dice non interessato ai film in live action e parla del rapporto artistico con Disney. Non sarà lui a dirigere Mufasa 2.
Barry Jenkins, durante un’intervista a Vulture, ha manifestato la sua insofferenza verso l’esperienza avuta come regista del film in live action Mufasa e le pressioni che riceveva: “Non posso twittare sul Super Bowl senza che qualcuno mi ricordi che sto facendo questo cazzo di film. Cosa ne sa Barry Jenkins di effetti visivi? Perché diavolo dovrebbe fare questo film?”. Ha sostanzialmente ribadito che il live action non è il suo mondo e che vuole tornare a lavorare con le persone in carne e ossa: “Voglio ritornare a cercare la chimica per l’alchimia attraverso gli attori, la luce e l’ambiente”.
Il premio Oscar per Moonlight afferma di aver tenuto che il film della Disney avesse delle caratteristiche compatibili con il suo modo di girare: “Ci sono molti piani sequenza e scene lunghe, mi sono ispirato ai maestri del cinema lento come Béla Tarr, Jia Zhangke e Gus Van Sant”. Ha poi ammesso che la casa di produzione, la Disney, si era detta preoccupata per questa lentezza, ma non si è mai opposta alle sue decisioni artistiche.
Nell’intervista si è parlato anche del progetto futuro del regista, il biopic di Alvin Ailey, ballerino e coreografo afro-americano. Il regista ha ribadito che non vede l’ora di tornare a riabbracciare un set con strumenti più limitati.
Sembra una politica delle grandi major di produzione ricercare registi autoriali e indipendenti, come Chloé Zhao, che, fresca di Oscar per Nomadland, ha girato Eternals, una produzione Marvel, non sembrando però mai veramente a suo agio. Più convincente è Taika Waititi, che alterna i film della saga del supereroe Thor (sempre Marvel) ad opere molto meno commerciali, come Jojo Rabbit e Chi segna vince.
Anche Tim Burton si è fatto sedurre dalla Disney per girare Dumbo e in seguito ha rilasciato alcune interviste dicendo che, dopo questa esperienza, aveva pensato di ritirarsi dalla regia. Tuttavia, il sequel di Beetlejuice gli ha ridato una nuova energia.
Può essere che le pressioni dovute ai costi di produzione, l’illimitatezza di strumenti e il controllo da parte delle grandi produzioni portino i registi ad avere un vuoto di stimoli. È possibile che l’equazione sia: molte possibilità economiche, tanti strumenti e un maggiore controllo dalla produzione portano a poca creatività. Forse, per alcuni registi, questa è la morte dell’arte.