Barry Levinson – Lo stile del mestiere

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Si è sempre contraddistinto per una multiformità stilistica che si concretizza in un’aderenza tra forma e contenuto perfettamente equilibrata in ogni suo singolo caso filmografico. Uno stile spesso invisibile, sfumato, che cerca soprattutto l’allestimento in immagini delle potenzialità del testo. Un cinema scritto ma mai letterario, incline alla commedia umanistica,

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barry levinsonPer anni è stata opinione comune che a Hollywood esistessero due tipi di registi: quelli che hanno un proprio stile e lo applicano alla materia del film per renderlo personale e quelli che decidono quale stile usare a seconda del tipo di film da dirigere. Bene, qualora esistesse o avesse senso – a oggi non ne siamo più completamente sicuri – questa doppia categoria di cineasti, Bary Levinson con pochi dubbi entrerebbe a far parte del secondo gruppo. A differenza di altri registi della sua generazione l’autore di The Bay si è sempre contraddistinto per una multiformità stilistica che si concretizza in un’aderenza tra forma e contenuto perfettamente equilibrata in ogni suo singolo caso filmografico. È uno stile spesso invisibile quello di Levinson. Sfumato, trasparente, che cerca soprattutto l’allestimento in immagini delle potenzialità del testo (la sceneggiatura). Non è un caso che i suoi inizi di carriera siano contraddistinti proprio da una importante esperienza sceneggiatore per gli ambienti televisivi e per il cinema di Mel Brooks.

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diner a cena con gli amiciL’esordio dietro la macchina da presa si compie con quello che è ancora oggi un bellissimo film di scrittura, personaggi e memorie autobiografiche. Diner – A cena con gli amici lancia alcuni tra i migliori giovani attori americani (Rourke, Bacon, Guttenberg, Stern), ottiene una nomination all’Oscar per la sceneggiatura e racconta le vicende di un gruppo di amici alle prese con il passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta nel 1959 a Baltimora, città natale dello stesso regista e sceneggiatore. Levinson sin dal suo primo film sforna quelle che probabilmente sono alcune delle sue caratteristiche migliori, come l’affinità per un certo tipo di commedia umanistica, per le tonalità malinconiche e una osservazione graffiante ma mai cinica sul Sogno Americano. Sono elementi che contraddistingueranno due delle sue opere migliori: Good Morning Vietnam (1987) e Rain Man (1988). Il primo è una satira antimilitarista che racconta l’esperienza a Saigon di uno speaker radiofonico interpretato da Robin Williams. Qui Levinson mette gli orrori della guerra quasi in fuori campo ponendo le basi per una versione meno sardonica e anticonformista ma più intima del genere inaugurato da M.A.S.H. nel 1970. Prende le misure alla grande prova d'attore di Robin Williams confidando nella potenza del primo piano e prepara così il campo al film successivo, che lo consacrerà a livello internazionale. Rain Man vince quattro premi Oscar (Film, Regia, Attore, Sceneggiatura), è campione d'incassi in tutto il mondo e diventa la perfetta formula, forse mai più raggiunta nel cinema levinsoniano, tra commedia, dramma e ispirazione drammaturgica. In Rain Man il regista conferma la sua abilità come direttore d'attori (eccellente l'accoppiata Cruise-Hoffman), ma anche come cantore di un'America rurale che mescola vigore fotografico e a tratti iperrealista nella dimensione pseudosoggettiva e autistica di Raymond (Dustin Hoffman). Un film in cui la potenza del paesaggio e del roadmovie dialoga costantemente con i volti dei due protagonisti in quello che diventa punto d'incontro metaforico tra la libertà di un cinema di derivazione sessantesca e la lussuosa confezione del prodotto di consumo.
bugsyCon l'Oscar vinto per qualche anno Levinson diventa così uno dei nomi sicuri a cui affidare progetti ambiziosi e di cassetta. Sono da interpretare in questo modo le esperienze con alterne fortune di Avalon, Bugsy e Toys. Soprattutto il secondo – datato 1991 e visto al tempo come veicolo per una celebrazione hollywoodiana di Warren Beatty (interprete e produttore del film), può rivelarsi a distanza di anni come interessante contaminazione tra melodramma, gangster movie e omaggio al cinema. Se non proprio un capolavoro alcuni spunti di Bugsy avrebbero concettualmente portato un decennio dopo a The Aviator di Scorsese e a Black Dahlia di de Palma.

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Ripercorrendo la filmografia di Levinson si può riconoscere la capacità dell'autore di Rivelazioni di attraversare i generi cinematografici più disparati in modo originale. Meno teorico e talentuoso di Lawrence kasdan e Ron Howard, il mestiere di Levinson si è misurato nel fantasy spielberghiano Piramide di paura (diventato un cult per i ragazzini cresciuti negli anni '80), nel fantascientifico Sfera, nel sottovalutato film sul baseball Il Migliore, appunto nell'horror con The Bay. E nella sua critica alle integrazioni tra mass media, politica e arte della manipolazione un film come Sesso e potere conferma le inclinazioni progressiste del cineasta americano, ponendo le basi per quello che a conti fatti – visto anche The Bay – diventa uno suoi dei temi prediletti, come giustamente ha rilevato la nostra Francesca Bea: "la menzogna come impalcatura che sostiene il reale, sia esso il mondo politico, quello dello spettacolo o il Sogno Americano stesso". Un tema che possiamo riconoscere in tante opere firmate da Levinson: da Good Morning Vietnam allo stesso Bugsy, passando per i certamente non memorabili Jimmy Hollywood, L'uomo dell'anno e Disastro a Hollywood. Neanche poco per un "semplice" mestierante.
 

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