Bassifondi, di Trash Secco

Sporco e cattivo ma dall’inaspettato risvolto tenero. Dopo Nefasto, Trash Secco torna con un trip più classico del previsto, ma non per questo poco interessante. Scritto dai D’Innocenzo. Freestyle

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Romeo (Gabriele Silli) e Callisto (Romano Talevi) sono due senzatetto che abitano un piccolo angolino dell’isola Tiberina nel centro di Roma. Uno è l’opposto dell’altro. Callisto è piccolo, energico e logorroico, mentre Romeo è alto, apatico e silenzioso. Di giorno si va a caccia di “spiccetti” per svoltare la giornata e magari mettere qualcosa nello stomaco, mentre la sera si vaga senza meta per i vicoli di Trastevere alla ricerca di una mezza birra lasciata sul marciapiede, o meglio di qualche pasticchetta. Sempre insieme Romeo e Callisto, anche quando il nervosismo sale e partono gli insulti, di quelli cattivi, di quelli che feriscono. Dalle loro maniere ruvide traspare un rapporto tenero che va aldilà della semplice convivenza, sembrano completarsi l’uno con l’altro, aiutandosi nella difficoltà. Allo stesso modo dei sorci che popolano le strade romane e delle nutrie che nuotano nel Tevere, i due protagonisti di Bassifondi sono creature che vivono la città come fosse la loro casa, come il loro habitat naturale, al contrario delle figure senza volto che vediamo sfilare impassibili davanti alle loro pressanti richieste di spiccetti. Tra i due c’è però una differenza sostanziale, perché se Callisto sembra tutto sommato felice e a proprio agio, Romeo appare triste e fuori posto, con la testa da un’altra parte. “Nun c’ho un cazzo, ma nun me manca niente” esclama Callisto in un momento di gioia assoluta. A Romeo, al contrario, manca qualcosa di importante, qualcuno di importante.

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Scrittore, artista visivo, videomaker e regista cinematografico. Un artista a tutto tondo Trash Secco, al secolo Francesco Pividori, dotato di un’estetica precisa e assolutamente inconfondibile. A cominciare dal folgorante e folgorato Nefasto: Er Mostro de zona, un folle mockumentary che raccontava il sottobosco della borgata romana in un modo mai visto prima. Tossicodipendenza esplicita, vandalismo e promiscuità sessuale, gli ingredienti principali. Dopo è venuto il tempo dei videoclip, un linguaggio congeniale alla sua visione, tra i tanti Coca Cola Light di Achille Lauro, Lucciole e Rehab di Ketama126, video che all’uscita sollevò diverse polemiche e a cui il regista rispose con un articolo. Con un background di questo genere ci si aspettava un “esordio” cinematografico diverso, provocatorio forse, ma comunque un qualcosa di alieno rispetto al contesto produttivo italiano. Bassifondi è per la verità un racconto molto lineare e dall’impianto classico, non esagera se non nel linguaggio (la mano dei fratelli D’Innocenzo si sente e si vede), sovraccarico nella scorretta volgarità che restituiscono i dialoghi da strada. Si riconosce l’influenza del Pasolini di Accattone e Ragazzi di vita, ma soprattutto di Nico D’Alessandria e del troppo poco citato L’imperatore di Roma. Il film che più di tutti sembra aver contribuito a definire il rapporto tra i due protagonisti è Gli amanti del Pont-Neuf, il racconto struggente di Leos Carax incentrato su una coppia di clochard parigini. In entrambe le coppie si crea la medesima dinamica di dipendenza; Callisto deve prendersi cura del suo compagno rimasto cieco, così come Denis Lavant si occupa di Juliette Binoche mentre perde gradualmente la vista. Il rapporto è molto simile, tenero e di un’affetto che va oltre il sentimento. In una scena “gemella”, i due tutori scoprono di nascosto le ferite che lacerano il cuore dei loro compagni e decidono così di prendersene cura. Nei Bassifondi o nei bassi fondali non c’è alcuna differenza.

Bassifondi non è un film dalle grandi pretese, non ha bisogno di un budget imponente o sfarzosi teatri di posa. Roma, Romeo e Callisto, non serve altro. I due attori protagonisti sono assolutamente credibili, padroneggiano il linguaggio con abilità creando dei botta e risposta davvero divertenti. Gabriele Silli, che perde la barba rispetto a Re Granchio ma convince allo stesso modo, e Romano Talevi, sembrano essere nati per interpretare questi personaggi. Il primo film “cinematografico” di Trash Secco ha le migliori delle intenzioni, ma perde man mano la direzione giusta. Forse i paletti imposti dalla finzione e dalla sceneggiatura hanno inibito l’estro del regista, limitando in questo modo le derive a cui ci aveva abituato con forme più libere come il mockumentary.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
4 (5 voti)
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