Beate, di Samad Zarmandili

Esce oggi al Nuovo Sacher di Roma e all’Anteo di Milano questo piccolo racconto operaista nella religiosità laboriosa del Polesine, tra Mazzacurati e le commedie britanniche di fabbrica

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Continuano le manifestazioni di questo rinnovato senso del sacro del cinema italiano, di cui avevamo parlato a proposito di Troppa grazia di Zanasi, visto a Cannes, e della serie di Ammanniti, Il miracolo. Per il suo esordio sul grande schermo dopo tre stagioni di Squadra Antimafia in tv, Samad Zarmandili sembra voler recuperare certi toni di favola che scherza con i santi tipica del suo mentore, Carlo Mazzacurati, di cui è stato assistente (in qualche maniera mescolati con quelli di certe commedie britanniche di rivalsa nei suburbs, vedi qui lo sketch inglesissimo del catalogo di biancheria delle lavoratrici). Piccole storie di provincia, ambientazione ostinatamente popolare, attesa del miracolo che si fa malinconia quotidiana del vivere alle sponde del Po tra fabbriche delocalizzate in Serbia e spietati affaristi immobiliari che vogliono trasformare conventi secolari in resort di lusso.

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Armida e le sue compagne operaie lavorano per una piccola tessitoria del Polesine, che la proprietaria (Anna Bellato, cattivissima) decide all’improvviso di chiudere: ma le ragazze non ci stanno, e organizzano occupazioni e picchetti, con l’aiuto di Loris, il magazziniere che nasconde inaspettate qualità imprenditoriali e micidiali capacità di persuasione. Si tratta probabilmente della sezione più felice dell’opera, non certo animata da rabbia da cinema europeo di lotta alla Brizé ma comunque sincera e appassionata, grazie soprattutto al contributo del cast, con una dardenniana Donatella Finocchiaro a trascinare l’irresistibile compagine femminile, e Paolo Pierobon satiro ghignante che ingaggia duetti hot proprio con la protagonista, in siparietti chiaramente ispirati ai classici operaisti di Lina Wertmüller, da cui il suo Loris sembra provenire (quella produzione social-grottesca tutta italiana da cui pesca pure il tormentone musicale del film, Veronica di Jannacci-Fo-Ciotti).

Peccato allora che il controcampo “spirituale” del copione, ovvero le traversie delle suore del Sacro Manto per non farsi sfrattare dal convento dove vivono e lavorano, e dove è conservata la reliquia della Santa, non mantenga la stessa efficacia: un ramo dello script gestito da Zarmandili con ben meno equilibrio, di fatto affidandosi unicamente ai guizzi anche qui delle sole interpreti. E così alcune ridondanze di una sceneggiatura che non vuole rinunciare a sottolineature e carichi ripetuti, giusto per stare tranquilli, si fanno un po’ più evidenti, nonostante il piglio brillante di Maria Roveran.
Se è vero che alcuni passaggi avrebbero potuto essere maggiormente smussati, Beate rimane comunque un film animato da una vitalità contagiosa e spontanea, tra l’altro in grado di raccontare, con un paio di vedute del fiume e una lingua pochissimo sfruttata dal nostro cinema, un’Italia che sembra sospesa in una bolla di tempo salmastro, ferma in una dimensione di epoche ormai passate, credenze e battaglie di cui chi si ricorda più.

Regia: Samad Zarmandili
Interpreti: Donatella Finocchiaro, Paolo Pierobon, Maria Roveran, Anna Bellato, Francesco Brandi, Betti Pedrazzi, Orsetta Borghero, Silvia Grande, Licia Navarrini, Cristina Chinaglia, Eleonora Panizzo, Felicité Mbezele, Silvia Munguia, Glaucia Virdone, Chiara Sani
Origine: Italia, 2017
Distribuzione: No Mad Entertainment
Durata: 90′

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