Beatrix, di Milena Czernovsky e Lilith Kraxner

Opera prima in concorso al Sicilia Queer Film Fest, Beatrix è l’incontro tra una splendida performance attoriale in sottrazione con uno stile espositivo che frammenta la narrazione tradizionale

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Ritratto della giovane donna in casa. Un’estate, Un tempo indefinito. Formato (1.33 ratio) e fotografia che rendono perfettamente una situazione claustrofobica. Per il loro coraggioso debutto le registe austriache Milena Czernovsky (classe 1993) e Lilith Kraxner (classe 1995) si affidano all’incredibile performance attoriale di Eva Sommer che riesce a fare parlare il proprio corpo negli automatismi della vita quotidiana. Il minimalismo espositivo che omaggia lo stile di Chantal Akerman si completa perfettamente nel personaggio di Beatrix che si svuota di ogni contenuto mentale ed emozionale. Gesti ordinari come innaffiare le piante, lavarsi i denti, vestirsi, mangiare, bere, guardare un film o un documentario alla televisione, sottolineano la solitudine e la ripetitività delle nostre esistenze. Camera fissa e lunghi piano sequenza: nella dilatazione quasi estenuante dell’immagine tempo le due registe lasciano allo spettatore infinite possibilità di identificazione o distanziamento. La totale meccanicità dei gesti rimanda alla mancanza di senso di un cortocircuito esistenziale fatto da azioni convenzionali. Quando è sola Beatrix regredisce a livello primitivo e si lascia andare verso l’horror vacui; quando è in compagnia cerca di aderire al modello che la società le ha proposto di indossare. Beatrix dovrebbe studiare letteratura tedesca e invece nella nuova casa (in cui ci sono gli indizi di un precedente inquilino) si perde nel labirinto dei propri spazi interiori. Non sorride quasi mai, parla poco, a volte è scontrosa, evita le domande scomode (“tu che cosa fai?”), a volte sembra essere una hollow woman, completamente svuotata. Ha un pessimo rapporto col fidanzato che le invia le foto del proprio membro sul telefonino e poi cerca maldestramente di fare l’amore con lei. Gli unici momenti di serenità sono nei rapporti con le amiche: si beve, si fuma, si fa il bagno insieme (togliendo il tampax nell’acqua), si fanno salti di gioia al ritmo di Stand By Me. A volte si insinua una sottile ironia (la cena con la coppia di amici), a volte una forte alienazione (il modo di ingurgitare gli alimenti o di sfregare lingua e denti), altre ancora una regressione infantile (il rapporto col gatto, gli esercizi ginnici a letto, il gioco con la grossa palla elastica rossa). Finchè non compare una coinquilina anglofona che in qualche modo sembra penetrare nel mondo semi-autistico di Beatrix. Si va insieme a fare una nuotata, si fa colazione.

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E’ la puntura di un ape l’evento che spinge Beatrix ad uscire dal proprio bozzolo di seta e prendersi cura dell’altro. In una notte buia, di fronte al cielo stellato, le due ragazze sembrano allontanare momentaneamente la paura di vivere.
Opera prima in concorso al Sicilia Queer Film Fest, già presentato con successo al FID di Marsiglia, Beatrix è l’incontro tra una splendida performance attoriale in sottrazione con uno stile espositivo che frammenta la narrazione tradizionale per lasciare liberi i pensieri e le emozioni dello spettatore. La accurata disposizione degli oggetti in scena e un rigore particolare nel design degli interni sono le tracce che possono guidare il nostro sguardo a perdersi nel labirinto della reiterazione. Di fronte al profumo di solitudine e morte che pervade la maggior parte dei nostri gesti quotidiani, la novità di un incontro e di un riconoscimento è l’unico modo per uscire dal loop dell’auto-isolamento, dal cortocircuito dei propri sentimenti. Si inizia con un gesto di tenerezza. Stand by me.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
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